Ospedale degli orrori: dove il tepore della Primavera araba non è arrivato.
Per otto anni e duecentosettantaquattro giorni un conflitto terribile ha insanguinato l’Iraq,
a partire dal momento in cui, il 20 marzo 2003, le truppe americane hanno
invaso il Paese. L’obiettivo principale era la deposizione di Saddam Hussein,
il quale, si pensava, avrebbe dotato l’Iraq di armi di distruzione di massa.
Il dramma pare finire nel 2011, almeno per i libri di
storia, con l’abbattimento del regime e le successive elezioni democratiche.
Stiamo parlando della Guerra d’Iraq, conosciuta anche come
Seconda Guerra del Golfo.
Siamo nella città di Fallujah, detta ‘’città
delle moschee’’, uno dei centri più importanti dell’Islam sunnita, settanta
chilometri da Baghdad. Durante il mese
di novembre 2004, proprio nel corso
della Seconda Guerra del Golfo, le
truppe americane utilizzano ordigni al fosforo bianco non solo verso
combattenti e guerriglieri, ma anche contro civili inermi. La chiamano Willy Pete quest’arma definita non
convenzionale che brucia i corpi distruggendoli fino alle ossa e che
teoricamente dovrebbe essere usata per illuminare le postazioni nemiche. Alcune testimonianze ci fanno rabbrividire:
piogge di fuoco, cadaveri con strane ferite, corpi bruciati e vestiti intatti.
Cosa rimane oggi, dopo undici anni da questi avvenimenti, a
Fallujah? Orrore, senza ombra di dubbio.
Al Fallujah General Hospital proprio l’orrore e la tragedia
sono all’ordine del giorno: i bambini nascono morti o con gravi deformazioni. I
giornalisti che hanno visitato l’ospedale ci raccontano di fotografie
spaventose: un bambino con un enorme occhio da ciclope, un altro nato morto
senza una gamba né genitali.
Robert Fisk, giornalista impegnato in Medio Oriente, ha visitato
questa struttura da incubo e raccontato la sua esperienza su The indipendent: i medici sono consapevoli del fatto che questa tragedia sia nota agli
occidentali. La vergogna è sicuramente
grande, dal momento che le deformità si ripetono senza controllo o monitoraggio
e i pochi finanziamenti arrivano da organizzazioni di precisi orientamenti
politici, contro gli interventi americani: una tragedia nella tragedia. Alcuni
macchinari, comunque, rimangono troppo costosi.
Che cosa succederà se continueremo a voltare le spalle di
fronte a queste immagini? Quanti bambini non potranno vedere la Primavera araba?
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