Le elezioni che hanno cambiato l'America





La mattina del 9 novembre 2016 sarà ricordata da molti come la data in cui gli Stati Uniti D’America hanno eletto come loro Presidente colui che nessuno si sarebbe mai aspettato, il Repubblicano Donald Trump definito da un noto giornalista italiano, Beppe Severgnini, “il candidato più improbabile in 227 anni di democrazia americana”.
Fino al giorno prima, nel leggere i giornali e ascoltare i numerosi programmi televisivi che si sono occupati della campagna elettorale dei due principali contendenti, molti si attendevano la vittoria di colei che avrebbe potuto essere la prima Presidente donna degli Stati Uniti, Hillary Clinton, moglie dell’ex  Presidente Democratico Bill Clinton.
E’ così finita l’era di Barack Obama, il primo Presidente afro-americano, colui che nelle sue due campagne elettorali ha riempito i cuori di molti nel rappresentare il sogno americano, il sogno di un grande paese che permette a tutti, anche ai più umili , di potersi affermare.
Donald Trump vince nettamente, contro le previsioni dei sondaggi elettorali degli ultimi giorni, e questo nonostante la sua avversaria abbia condotto una campagna elettorale dai toni spesso anche molto accesi, arrivando a definire “imbecilli” coloro che avrebbero votato il neo-presidente.
La sua campagna elettorale si è orientata alla ricerca del voto non solo dell’elettorato ultra-conservatore, ma anche il voto di tutti gli scontenti, di coloro che hanno pesantemente subito le ripercussioni di una forte crisi economica che ha colpito proprio gli Stati in cui lui ha nettamente prevalso rispetto ad Hillary Clinton: il Michigan, la Pennsylvania e l’Ohio stati in cui l’economia operaia ha subito le forti ripercussioni delle importazioni cinesi e gli effetti del trattato sul libero scambio voluto dalla Presidenza Obama.
Troppo debole la candidata dei Democratici, che comunque ha potuto contare sul voto convinto della popolazione di colore e degli ispanici e troppo forte la sua immagine “elitaria”, di rappresentanza dell’establishment rispetto ad un competitore che, seppur multimiliardario, ha saputo interpretare le paure della classe operaia, degli “americani di razza bianca” e ha saputo far valere messaggi semplici quali la tutela del lavoro, l’occupazione e la diffidenza rispetto a tutto ciò che non è americano ad iniziare dai lavoratori clandestini del vicino Messico su cui Trump ha  puntato il dito per promettere un lungo muro per blindarne i confini. 




Per molti elettori questa è apparsa l’ultima occasione di eleggere un proprio Presidente, un Presidente che possa tutelare i veri americani rispetto al sempre maggiore numero di cittadini delle “etnie minori” e il blocco sociale che  ne è nato è stato sottovalutato da tutti gli analisti che non ne hanno saputo comprendere la portata.
A detta di molti commentatori i due candidati erano comunque entrambi inadeguati e, a detta di tantissimi, l’America si meritava ben altro Presidente, ma nessuno può sognarsi di mettere in  dubbio la legittimità dell’elezione del Presidente degli Stati Uniti d’America per cui non ci resta che analizzare quali saranno i probabili effetti non solo di un cambio di Presidenza, ma senz’altro di un sostanziale cambio di rotta nella linea politica di una super potenza che può condizionare anche l’economia della nostra vecchia Europa.
Secondo alcuni commentatori Trump non potrà fare tutto ciò che ha minacciato in campagna elettorale e, soprattutto, dovrà accettare molti compromessi per non intaccare i delicati equilibri che una posizione di così grande potere comunque impone, anche se, a differenza della presidenza Obama, il neo eletto avrà a suo favore la netta maggioranza Repubblicana nei due rami del Congresso, la Camera dei Rappresentanti e il Senato.
Di certo le maggiori ripercussioni potranno essere notate nella politica interna americana, in un maggior protezionismo rispetto alla politica industriale; in un sostanziale irrigidimento sulle politiche dell’immigrazione in un paese dove oramai convivono da anni le più svariate etnie: afro-americani, latinos, asiatici e anglosassoni nativi americani; in un irrigidimento delle pene per coloro che commettono reati.
E a pensarci bene i temi molto cari a Donald Trump, i temi su cui ha fatto leva per convincere gli americani, sono gli stessi temi su cui a livello politico, sociale ed economico si dibatte spesso in Italia: la crisi economica e la rabbia degli italiani che  non trovano lavoro, la conseguente crescente diffidenza rispetto al fenomeno dell’immigrazione incontrollata che si sta riversando dall’Africa verso l’Europa passando per l’Italia.
Poco conta se fino a qualche decennio fa eravamo noi italiani ad invadere l’America in cerca di lavoro, oggi per molti di noi i concetti di solidarietà ed ospitalità stanno svanendo così come sono svaniti, all’alba del 9 novembre 2016 per molti americani. 

Leonardo Briano I^ B Scientifico

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