Ciechi verso cieche sponde

La solitudine dell'uomo, il suo destino arcano ma segnato, la sua caducità, sono cardini fissi del mio pensiero. Viviamo sperduti e soli in mezzo a questo infinito, tenebroso universo, e non serve sperare, perché non muterà mai questa condizione... è un dato di fatto, punto!
Dopo lunghe riflessioni lo sgomento, l'incertezza, la brutalità della nostra condizione, mi hanno portato a comporre e a concepire questa lirica, dove l'unica consolazione è la contemplazione di questo meraviglioso e sublime tutto.




Universale e petrosa armonia
che paura nell'animo diffonde
a tutti quelli che in terra natia
vagano ciechi verso cieche sponde.

Guardiamo il cielo in cerca d'una scia
che ci parli sincera senza fronde,
ma innanzi a noi furtiva fugge via
e lontana e brumosa si nasconde.

Il tempo vano della vita umana
è briciole di luce per le stelle,
ma nel guardarle l'animo si sana

perché mai vide cose tanto belle.
Io mi sperdevo e intanto scivolava
a Dio il passo del giorno a fior di pelle.




Sonetto con schema: ABAB ABAB CDC DCD

Una breve parafrasi per evitare fraintendimenti:

Universale e insensibile (petrosa) armonia (ovvero l'universo che ci circonda) che riempi l'animo di paura a tutti quelli che nella propria terra vagano ciechi (l'impossibilità della conoscenza) verso cieche sponde. Guardiamo il cielo cercando una scia ( una verità, un qualcosa di certo su cui fondare la nostra esistenza) sincera, che ci dica le cose in modo chiaro (senza fronde), ma questa è inafferrabile e furtiva fugge via, andandosi a nascondere lontana e brumosa.
il tempo destinato a un essere umano è soltanto una misera, effimera emissione di luce stellare. Il nostro tempo è vano rispetto alla durata dei corpi celesti. Ma nel guardare queste stelle l'animo si sana perché mai vide una tale bellezza, una tale armonia. Io mi sperdevo  tra questa immensità, e intanto a Dio scivolava il passo del giorno a fior di pelle ( lo scorrere del tempo sulla superficie della pelle).

Ebbene, quindi, non tutti possono provare questo sentimento di paura, ma lo prova soltanto chi si rende conto di essere cieco e che le sue mete sono, anch'esse, cieche.
" vagano ciechi verso cieche sponde." Questo è il verso chiave della mia lirica. Qui è presente l'idea di fondamento dell'intera poesia, ossia la condizione dell'uomo: cieco verso cieche sponde. L'uomo non conosce e non potrà mai conoscere la sua condizione; perciò la condizione dell'uomo è non conoscere la propria condizione (qualcuno disse: " La vera sapienza è sapere di non sapere.").  L'uomo è cieco, e come tale vaga verso l'ignoto, verso l'indagine filosofica e soprattutto verso la vita. Questa cecità mi logora, mi distrugge e  mi divora in ogni singola ora della mia vita... a voi no?
Non vi spaventa il "vero", l'inesistenza di una certezza assoluta?
Tutto ciò a volte mi dona una sgradevole malattia: l'apatia. Tutto questo divertissement che ci regala, sempre che sia un regalo, lo stile di vita della società odierna, ci distoglie dalla tetra e cupa e bruta verità! Bel regalo a quanto pare... voi che dite?
E in tutto questo dove sta l'amore? Perché abbiamo questo bisogno, quasi morboso, di trovarlo?
... Forse perché è la distrazione che ci distrae meglio?!


Riccardo Andrea Ghidetti , 5 scientifico B 

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