Una barriera invisibile




Sono trascorsi quasi due mesi dall'inizio della nostra battaglia contro il virus e alla sofferenza della malattia inizia ad aggiungersi lo strazio dell’isolamento, amplificato dalla rottura del legame fisico con i propri cari, specialmente se anziani, costretti ad un esilio obbligato, inevitabile ed estremamente doloroso.
Pochi giorni fa è apparsa sul Web l’immagine toccante di una mamma e una figlia divise da un vetro. Mi sono rimasti impressi quegli occhi stanchi e lucidi, quel sorriso triste e quella mano ruvida appoggiata alla finestra, mentre dall'esterno la giovane sovrapponeva la propria mano impotente su quella della madre nel disperato tentativo di stabilire un contatto. Così vicine, ma allo stesso tempo irraggiungibili.
Potrebbe sembrare un paradosso, ma non tutti sono così “fortunati” da poter vedere i propri cari anche solo attraverso un vetro. Molti si devono accontentare di ascoltare la loro voce tremolante a chilometri di distanza, vivendo con il terrore di ricevere un giorno la telefonata che infrangerà loro anche l’ultima speranza di poterli riabbracciare.


Squilla il telefono, una catena di brividi ti pervade la schiena, lo stomaco si stringe, i pensieri vagano incontrollati nella mente. Fai un bel respiro, prendi coraggio e rispondi. Falso allarme. Il corpo resta intorpidito, tiri un sospiro di sollievo, ma un istante dopo l’ansia prende di nuovo il sopravvento, alzi la cornetta e componi il suo numero. Suona. Perché non risponde? Davanti agli occhi iniziano a scorrere immagini del passato, pensi al peggio. Poi ad un tratto inaspettabilmente senti la sua voce, si lamenta a causa dell’udito che inizia a giocare brutti scherzi. Tu sorridi, la lasci parlare cercando di fissare nella tua mente il suono delle sue parole, promettendole che tutto andrà bene e che presto potrete rivedervi. Neanche tu in fondo ci credi, ma speri che lei possa farlo. Pronunci con un filo di voce “Ti voglio bene mamma”. La chiamata termina, resti immobile a fissare il vuoto mentre l’angoscia, come un’onda durante una tempesta, ti inghiotte nuovamente, fino a quando ti scaglierà per l’ennesima volta contro le rocce al prossimo squillo del telefono.


Così scorre lento il tempo di chi ha un proprio caro lontano e di chi giorno dopo giorno è divorato dai propri pensieri, un vortice oscuro di paure e sentimenti contrastanti, alimentato da un nemico invisibile che si abbatte sull'umanità. 



Garbarino Alyssa 4°A

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