UNA DEI TANTI MATURANDI DEL COVID-19
“Dai che ti manca solo più un anno” “Forza che ormai sei arrivato/a alla fine” “Sarà l’anno che ti ricorderai per tutta la vita!” Scommetto che, dall’inizio di settembre, tutti gli studenti di quinta superiore, come me, si sono sentiti dire queste frasi da amici, parenti e famigliari.
L’ultimo anno delle superiori è infatti caratterizzato da una certa sacralità: dopo cinque anni di “studio matto e disperatissimo”, noi studenti possiamo finalmente coronare il nostro lungo viaggio con l’Esame di Stato, che è simbolo del passaggio dall’adolescenza all’età adulta.
Tuttavia, a causa dell’emergenza Coronavirus, la nostra maturità sarà un po’ diversa da come ce la eravamo immaginata. Niente tema di italiano, niente prova di matematica: soltanto un lungo colloquio durante il quale verremo giudicati dai nostri professori e da un presidente esterno. Ma “Esame speciale” vuol dire anche “regole speciali”: infatti sarà obbligatorio essere muniti di mascherina ed evitare assembramenti dentro e nei pressi dell’edificio scolastico. Ciò significa che non potremo ripassare un’ultima volta tutti insieme quella “maledetta poesia di Leopardi”, gridare un ultimo “in bocca al lupo” ai nostri compagni, abbracciare un’ultima volta il nostro migliore amico.
A noi “maturandi del Covid-19”, tutto questo è stato portato via. Così come lo sono stati gli ultimi mesi di scuola. Da inizio marzo siamo costretti a seguire le lezioni da casa, grazie all’aiuto di dispositivi elettronici e piattaforme online. Ma se da un lato la nuova Didattica A Distanza (DAD) ci ha permesso di continuare a studiare e prepararci per l’Esame, dall’altro ci ha fatto capire quanto ci manca la “vera scuola”.
Una scuola fatta non solo di verifiche, interrogazioni e sveglie al mattino presto, ma anche di momenti semplici e genuini come scherzare con i professori e con i compagni, fare lunghe chiacchierate con le bidelle, prendere il caffè alle macchinette durante un’ora buca. Ci mancano perfino quelle sedie e quei banchi sgangherati, che ora non ci sembrano più così scomodi e stretti.
Siamo consapevoli che, tutto quello che è stato fatto, è stato pianificato per tutelare la nostra salute e quella dei professori, ma siamo comunque tristi perché avremmo voluto raggiungere questo grande traguardo della nostra vita come hanno fatto tutti quelli prima di noi: insieme, nonostante la paura e le difficoltà. E anche se quest’anno non sarà concreta, ma virtuale, nessuno potrà toglierci la “nostra notte prima degli esami” perché, come direbbe Venditti, “questa notte è ancora nostra”.
Caterina Calvi - 5A
Caterina Calvi - 5A
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