La dipendenza da social network: cosa non faremmo per un “mi piace”!
Sono più o meno le sette del mattino: per otto milioni di studenti italiani inizia una nuova stressantissima giornata di scuola. La prima azione della giornata è, per molti di loro, sempre la stessa: allungare una mano sul comodino e controllare il display dello smartphone, per vedere se ci sono nuove notifiche arrivate nella notte.
Gli esperti hanno dato un nome a questo fenomeno: si chiama “crackberry”, storpiatura dei ben noti Blackberry, ma è soltanto una delle tante forme di dipendenza legate al mondo della tecnologia. Si calcola che i ragazzi passino sette ore al giorno utilizzando il cellulare e che non riescano a restare senza controllare lo schermo per più di sei minuti. I social network e gli smartphone hanno creato una serie di nuove fobie e dipendenze che solo trent’anni fa nessuno avrebbe mai immaginato, con una portata spaventosamente vasta: l’ISTAT ci dice che 8 italiani su 10 sono accaniti frequentatori di social network, Facebook in testa.
Quello che era nato come mezzo per restare in contatto con i propri amici si è rivelato un’arma a doppio taglio: se è vero che rende molto più semplici le comunicazioni, è altrettanto certo che ha reso i contatti umani più freddi e ci spinge continuamente a confrontare le nostre vite con quelle degli altri, sfociando spesso nell’invidia e nell’esibizionismo. Spesso, infatti, su Facebook capita di imbattersi in persone che ci contattano in chat chiedendo un “mi piace” sotto una foto, magari per superare i 150 “mi piace” della foto di qualche amico. Forse anche tu stesso, lettore, una volta hai cancellato da Facebook un post perché non aveva raggiunto il numero sperato di condivisioni: anche a me è capitato di farlo. Si tratta di azioni relativamente normali, ma separate dall’ossessione da una linea sottilissima. Tant’è vero che molti hanno scelto di rinunciare al mondo dell’apparire di Facebook e emigrare verso Twitter, il social network definito il “salotto intellettuale” del Web.
Whatsapp, Facebook, Twitter, Instagram, Ask.fm e compagnia cantante sono mezzi potenti, che abbiamo la possibilità di avere in tasca grazie a uno smartphone efficiente quanto un computer di neanche dieci anni fa. Mezzi che sono nati per migliorare le relazioni tra le persone, ma che spesso finiscono per chiuderci in noi stessi, nell’esaltazione continua di “io, io, io...” e nello stare a spiare le vite degli altri, in un tentativo senza fine di surclassarle. L’obiettivo dei social network dovrebbe essere quello di migliorare le relazioni interpersonali, non di sostituirle: il semplice fatto che separiamo la vita virtuale da quella reale dovrebbe farci riflettere, e pure molto.
P.S. Probabilmente avrete già visto questo video: se non è così, vi invito a riflettere sul suo profondo significato. https://www.youtube.com/watch?v=sU7JES5s3w0
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