Ritorniamo a viaggiare.


Ho sempre sognato di partire, prendere un biglietto per il treno, uno zaino pieno di sogni, qualche calzino, un sacco a pelo e il gruppo inseparabile di amici. La voglia di viaggiare non mi è mai mancata. Probabilmente perché, fin da piccolo, mio padre mi ha sempre raccontato i suoi leggendari viaggi in giro per l’Europa. Mi ha raccontato di quando ha dormito in una tendopoli a Londra con un coltello sotto il cuscino, per la paura. Mi ha raccontato di quando gli hanno rubato tutti i soldi che aveva, ad Atene. Mi ha raccontato di quando, per la prima volta, ha fatto il bagno nelle acque gelide della Normandia e mi ha raccontato che, in vacanze come quelle, di letti e di pasti veri se ne vedevano veramente pochi: “troppo comodi e troppo facili per veri viaggiatori” ha sempre detto lui (troppo costosi, mi sono sempre detto io).


Erano viaggi degli anni ’80, avventure in giro per il mondo fatte con colonne sonore scritte dai Queen, Vasco Rossi, Lucio Dalla e De Gregori e con mete tutte da programmare durante il viaggio, ma che potevano essere, per esempio, l’assolata Spagna, la selvaggia Scozia o la misteriosa Jugoslavia. Si partiva ad inizio Estate e si rientrava quando i soldi erano finiti, con 600mila lire in tasca cambiate nelle valute dei rispettivi paesi da visitare, spesso con la promozione Inter Rail: trenta giorni di viaggio spesati su qualsiasi treno Europeo. Il tutto, ovviamente, senza prenotare un albergo, o un ostello, o un ristorante. Si andava alla cieca. Si scopriva il Paese in cui si andava giorno per giorno. Niente Internet, niente dépliant e nessuna paura.
Nessuna paura. Viviamo giorni difficili, dove i media e i giornali ci bombardano di notizie terribili. Negli ultimi anni abbiamo visto gente uccidere civili per le strade, abbiamo visto posti incantevoli cadere nelle mani crudeli di uomini ignoranti, abbiamo sentito crollare città come quella di Palmira, in Mesopotamia, e abbiamo visto aerei cadere, treni schiantarsi, pullman esplodere e navi arenarsi. Siamo spaventati. Proviamo diffidenza verso ogni singola persona, sentiamo di non essere mai al sicuro, siamo terrorizzati dal fatto che ci possa succedere qualsiasi cosa mentre siamo in viaggio. Sono riusciti a sottrarci la cosa più bella di tutti, colpendoci con l’arma della paura. Hanno inghiottito le zone incontaminate dell’Afghanistan, i posti da sogno dell’Africa centrale, il Medio Oriente e le splendide coste dell’Egitto, della Tunisia, della Libia. Ora, ci stanno aggredendo a casa nostra, fomentando la paura che è sempre stata silenziosamente in agguato dentro noi, come una pantera. Non dobbiamo fare il loro gioco. Non possiamo chiuderci in casa e spegnere tutte le luci, per il resto dei nostri giorni. Bisogna reagire. E’ difficile, ma l’unico modo per non uscire sconfitti da questa guerra, l’unico modo per sconfiggere il terrorismo, è quello di continuare a ballare intorno al mondo, senza paura. Dobbiamo convivere con il fatto che tutto, dopo quel fatidico 11 Settembre, è cambiato. Il modo di viaggiare, in primis. Ma dobbiamo ricordarci di quei giovani viaggiatori che erano i nostri genitori.

É vero, trent’anni fa si respirava un’aria diversa. Erano gli anni dell’Italia campione del Mondo, gli anni di Pertini, ma, ricordiamoci, anche dell’attentato a Papa Giovanni Paolo II, gli anni di guerra tra la Casa Bianca e il Cremlino e gli anni dell’esplosione del reattore a Cernobyl. Un'atmosfera non proprio tranquilla, per intenderci. Nonostante ciò, i giovani non avevano paura di viaggiare, di scoprire, di fare nuove avventure. Dobbiamo ispirarci a loro. Abbandoniamo la paura e partiamo, come se un viaggio fosse la nostra stessa vita. D’altronde, viaggiare è nella natura dell’uomo. E può, un uomo, dimenticarsi di essere un uomo?

Lorenzo Brusco

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