Ruqia Hassan: il giornalismo ai tempi dell'ISIS
“Quando
l’IS mi arresterà e ucciderà andrà bene, perché loro mi taglieranno la testa e
io ho la mia dignità: meglio che vivere nell’ umiliazione con l’IS.”

Dai
suoi tweet appare chiaro che la giornalista sapeva di correre un grandissimo
rischio e che avrebbe pagato con la morte il proprio coraggio, ma è altrettanto
evidente che la volontà di comunicare al
mondo ciò che vedeva ogni giorno era più forte della paura.
Molti
insegnamenti si possono apprendere dalla determinazione di Ruqia, in
particolare ce ne sono due da sottolineare. Il primo è che ognuno, secondo le
proprie possibilità, può contrastare quanto di sbagliato lo circonda. Inoltre,
si capisce che la cultura, l’educazione
e l’informazione possono fare la differenza nella lotta contro il male: esse sono, allo stesso tempo,
un’arma potentissima e ciò che più spaventa i violenti e gli ignoranti. Non è
un caso, infatti, che gli appartenenti allo Stato Islamico abbiano più volte
distrutto monumenti e città antichissime e che abbiano ucciso una donna che
aveva come unica colpa quella di raccontare la verità.
Ruqia
Hassan ha operato in una realtà dominata da terribili conflitti e ha portato
avanti la propria attività di citizen journalist fino a morire per essa. Non è
certamente possibile né tantomeno auspicabile che tutti seguano il suo esempio
o che muoiano per un ideale, ma è giusto augurarsi e impegnarsi perché ognuno
conosca la realtà che lo circonda.
Leggete, approfondite, scrivete o
semplicemente condividete notizie sui social network: a volte basta
davvero poco per migliorare, per quanto possiamo, il nostro mondo.
Paola Greco, III Classico
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