Quando a rubare sono i giornali

Rubare. Questo è ciò che fanno alcuni grandi giornali”. Così affermano molti youtuber italiani stufi di vedere i loro contenuti utilizzati gratuitamente da altri.   

Negli ultimi anni il modo di fare informazione è cambiato moltissimo, i grandi giornali italiani ed esteri hanno dovuto sopperire al calo di vendite cartacee con un forte sviluppo della testata online. Questa evoluzione però non è bastata a contrastare la forte perdita di valore dell’informazione e a convogliare il pubblico sulle proprie pagine, in quanto qualsiasi notizia è ormai fruibile da chiunque, in qualsiasi momento e gratuitamente, su migliaia di siti.

L’economia di questa “industria” si è quindi dovuta appoggiare alla pubblicità.  I banner pubblicitari e i click sono diventati parte integrante del ricavo del giornale, i contenuti e i titoli sono enfatizzati e portati all’estremo così da richiamare più visualizzazioni possibili.
In questa nuova esistenza, non di certo felice per le grandi testate, è necessario “creare” moltissimi contenuti, di grande impatto mediatico e soprattutto a basso costo.
Dove trovare questi contenuti se non su Youtube?

Youtube, il noto portale di condivisione di video, ha avuto in poco tempo una crescita esponenziale. Migliaia di “creator” o “youtuber” ogni giorno caricano video sul sito e milioni di persone guardano e apprezzano tali contenuti.
Ovviamente anche su Youtube esiste una “monetizzazione”, semplicemente a seconda della quantità di visualizzazioni il creator ha un ricavo. Tale ricavo viene però annullato se le visualizzazioni provengono da altri siti, in parole povere lo youtuber non guadagna se il suo video viene mostrato su un sito diverso da youtube.  Il sito invece, e in questo caso il sito di un giornale, mostrando video originali e spesso pensati per essere virali, evitando di spendere denaro per la creazione di contenuti e usufruendo gratuitamente di idee altrui ha un grandissimo ricavo, sia in termini economici sia in termini di risonanza mediatica.

La protesta degli youtuber italiani, partita con l’ hashtag  #larepubblicadeiladri, pur non avendo grandi possibilità di scalfire i colossi “dell’informazione italiana” ha comunque fatto sentire la sua voce, chiedendo norme giuridiche precise che possano regolamentare Youtube e i suoi contenuti.

Questa polemica si inserisce però in un contesto più ampio e complesso. Spesso gran parte del pubblico infatti è stufo di essere bombardato di pubblicità ma allo stesso tempo non è disposto a pagare, ad esempio un abbonamento annuale o mensile, per usufruire dei contenuti. Nonostante questo alcuni giornali e persino Youtube hanno creato un servizio con abbonamento e senza pubblicità in modo da cercare di intercettare e di far parte del continuo cambiamento della rete.

 La situazione è ancora poco chiara ma è possibile  rintracciare una tendenza ad eliminare la pubblicità grazie ad un abbonamento, non solo su internet ma anche in televisione. Con l’arrivo di servizi on-demand infatti l’utente ha la possibilità di liberarsi della pubblicità, scegliere quali contenuti guardare e quando guardarli pagando una minima somma mensile.

Probabilmente questa è la direzione verso cui si sta muovendo il “mercato”; è però necessario  un intervento dello Stato che regoli in modo più preciso Youtube e i suoi contenuti, in modo da evitare che grandi giornali  possano derubare i creator, e poi una maggiore responsabilizzazione del pubblico che troppo spesso, soprattutto in Italia, pretende tutto senza dare nulla in cambio.

                                                                                             
                                                                                                     Omar Scarone II Classico 


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