Siamo tutti un po' romantici... o no?

Con la mente, per qualche istante, immaginiamo di trovarci a Londra, precisamente a Trafalgar Square. Mentre la statua di Nelson continua, dall’alto della sua colonna, ad osservare ed indicare Portsmouth, iniziamo a percorrere gli scalini che conducono all’ingresso della National Gallery. Sala dopo sala, stile dopo stile, incontriamo l’artista che più di tutti ha stravolto il modo di fare arte nell’Ottocento: William Turner. Chiudiamo gli occhi: siamo lì, di fronte al suo “Pioggia, vapore e velocità”, un turbine di colori nel quale riusciamo a distinguere vagamente soltanto i lineamenti sfuggenti di un treno in corsa. Accade tutto in un secondo: il quadro ci cattura, nel giro di pochi istanti ci sentiamo catapultati in quel vortice.


"Pioggia, vapore e velocità" di William Turner
Fonte: nationalgallery.org.uk
Le voci di corridoio affermano che Turner fosse solito provare in prima persona le emozioni da rappresentare nei suoi dipinti: probabilmente, per realizzare al meglio “Pioggia, vapore e velocità”, si era fatto legare alla locomotiva di un convoglio lanciato a bomba sui binari. «Pazzia!», direbbero i neoclassici. La loro concezione di arte, sia essa pittura, scultura o poesia, non concepiva minimamente di dare spazio alle emozioni dell’artista, anzi, addirittura relegava all’angolo i sentimenti dei personaggi rappresentati, preferendo cogliere il momento immediatamente precedente o successivo l’azione e il turbine emozionale.

Non sempre, però, l’artista romantico è caratterizzato da quell’impeto proprio, per esempio, di artisti come Turner e il poeta inglese Coleridge: è romantico anche il ben più tranquillo Constable, famoso per aver sviluppato il tema del pittoresco nell’ambito del paesaggismo inglese, così come il poeta Wordsworth e il musicista Chopin. Secondo il compositore polacco, l’artista crea con un meccanismo simile al parto: lungo, doloroso e, aggiungerei, slegato da regole fisse, razionali e meccaniche. Rispetto al rigido razionalismo neoclassico, il romanticismo sembra molto più vicino al nostro modo di intendere l’arte e l’artista. Siamo tutti un po’ figli inconsapevoli della sensibilità romantica, esattamente come, in ambito filosofico, non possiamo prescindere dal modo di ragionare e di intendere la realtà sviluppato da Kant. Nell’arte contemporanea, così come nella musica, nella poesia e nella letteratura dei giorni nostri, non possiamo più prescindere, infatti, dalla sfera irrazionale ed interiore dell’artista.

Proviamo ad ascoltare il capolavoro “Nuvole bianche” di Ludovico Einaudi: è innegabile che esso non provenga soltanto da un freddo insieme di regole matematiche, così come che susciti nell’ascoltatore emozioni soggettive e profonde, ben diverse da quelle provate osservando la rigida perfezione formale e geometrica di un’opera d’arte dello scultore neoclassico Antonio Canova. Per cui, per quanto razionale possa essere la nostra forma mentis, per quanto ci sforziamo di non sottostare al turbine delle emozioni, non possiamo negare di essere tutti, nel profondo, un po’ romantici.

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