Riforma costituzionale? Meglio vederci chiaro
Il prossimo 4 Dicembre
il popolo italiano sarà nuovamente chiamato alle urne referendarie.
Questa volta però non si tratterà di un referendum abrogativo, come nel caso
del precedente referendum tenutosi in Aprile riguardo le trivellazioni in mare,
bensì di un referendum confermativo costituzionale, che ha modalità di
indizione e svolgimento profondamente diverse.
Prima di tutto questo referendum non è una gentile concessione del governo
ma una tappa semi-obbligatoria nel percorso verso la modifica della
costituzione. Aggiungere il suffisso
“semi” è d’obbligo in quanto, come afferma la Costituzione all’articolo 138, se
la modifica è approvata dai 2/3 del parlamento essa risulta valida senza
bisogno di ulteriori conferme. In questo caso però i 2/3 non sono stati
raggiunti e il referendum risulta necessario.
In secondo luogo
questo referendum non ha quorum, non ha quindi bisogno di un numero minimo di
votanti per risultare valido, in parole povere, indipendentemente dal numero dei
votanti, vince l’opzione, “si” o “no”, che riceve più voti.
Come è normale, e aggiungerei giusto, in una democrazia, si
sono subito creati due fronti, da una parte i sostenitori della modifica
costituzionale, che voteranno “si”, e dall’altra coloro che sono contrari alla
modifica della costituzione, che voteranno invece “no”.
Entriamo però nel merito e scopriamo cosa cambia con questa
riforma:
1)
viene (quasi)abolito il bicameralismo perfetto: da
sempre infatti le due camere, senato e camera dei deputati, sono state sullo
stesso piano. Le leggi, ad oggi, devono essere approvate sia da al senato e sia
dalla camera ma se, in questo passaggio, anche solo una virgola viene cambiata,
il ciclo deve ricominciare. I sostenitori del “si” affermano di essere stufi di
questo estenuante “ping-pong” e di poter, annullando il potere del senato in
alcuni ambiti e mantenendolo in altri, velocizzare la legiferazione. Il
problema di fondo è che con la riforma una legge che fino ad oggi aveva
soltanto un modo per essere approvata si troverà davanti a ben 12 strade
diverse, con il rischio di continue incompatibilità.
Bisogna poi considerare che l’iter legislativo non è lento di per sé, ma
diventa estenuante e sterile a causa del continuo ostruzionismo parlamentare
opportunistico.
Basti pensare al “Lodo Alfano”, che garantiva l’immunità alle quattro più
alte cariche dello stato, finché restavano
al loro posto (poi dichiarato incostituzionale), che ha impiegato soltanto 20
giorni per giungere dal Consiglio dei Ministri alla Gazzetta Ufficiale, oppure
alla Legge Fornero,(praticamente) incostituzionale e disastrosa per l’economia
italiana, partorita in appena 16 giorni. Probabilmente però i riformisti si
riferivano ad altre leggi, come la legge anticorruzione rimasta in parlamento
per più di 3 anni.
Conclusione: l’iter legislativo viene complicato, il senato perde
praticamente ogni potere di controllo e si espone allo strapotere di una camera
che, grazie all’Italicum (se rimarrà così come ora), è di proprietà di un partito unico.
2) Il
potere dell’esecutivo (governo) è più forte. Viene inserito il meccanismo del
"voto a data certa". Il governo ha quindi il diritto di dettare
l’agenda del parlamento, obbligando di fatto la camera a discutere entro 70
giorni un provvedimento che l’esecutivo “ ritiene essenziale per l’attuazione
del suo programma”. Il Governo potrà in questo modo condizionare i lavori del
Parlamento, ingerendo nella funzione legislativa e violando principio di
separazione dei poteri.
3)
I senatori passano da 315 a 100. ”. Il senato
2.0 sarà infatti composto da 21 sindaci, uno per ogni regione, da 74
consiglieri regionali, ogni regione otterrà un numero di senatori in base al
loro peso demografico, e 5 senatori
eletti dal presidente della repubblica, in carica soltanto più 7 anni.
Benché questo sia uno dei cavalli di battaglia del fronte del si, andando
ad analizzare in modo più specifico appare chiaro che vi siano gravi problemi
alla base.
a)
Non sono specificati i metodi con cui verranno “eletti”
(sarebbe meglio dire “scelti”) i nuovi senatori. Probabilmente i consigli
regionali (i peggiori d’Europa per numero di indagati http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-11-15/in-italia-piu-meta-regioni-sotto-inchiesta-primato-europeo-consiglieri-indagati-peculato-sono-280--110355.shtml?uuid=ABce1Ld)
e i comuni potranno scegliere, magari dietro indicazione del governo, a chi
regalare l’immunità parlamentare
b)
Come accennato sopra, tutti i senatori godranno
di immunità parlamentare. L’idea dell’immunità, al principio, non è sbagliata,
ma, in questo caso, essa diventa uno scudo per consiglieri regionali e sindaci
che in questo modo non potranno più essere intercettati o soggetti a perquisizioni senza l’assenso
del senato.
c)
i senatori, esclusi quelli del Lazio lavoreranno in
trasferta, mezza settimana a Roma e mezza settimana nei loro comuni o consigli
regionali di appartenenza. Questo significa che lo stato, se la riforma dovesse
essere approvata, non dovrà più pagare lo stipendio a 315 parlamentari, ma
dovrà comunque pagare ogni settimana, se non ogni giorno, la trasferta a 100 parlamentari.
d)
La carica di senatore non avrà una durata
prestabilita bensì, essendo soltanto un gingillo per sindaci e consiglieri,
decadrà insieme alla carica di sindaco o consigliere. Con questa riforma il
senato si trasformerà in un “mercato” dove, a causa dell’andirivieni continuo
(le elezioni infatti si svolgono in tempi diversi in ogni regione e
comune),sarà impossibile individuare una maggioranza stabile.
e)
il senato
continua a eleggere il presidente della repubblica. Peccato che questa volta ad
eleggerlo saranno persone elette per fare il sindaco o il consigliere regionale. Naturalmente non si vuole offendere nessuno, ma molti sono convinti
che un sindaco o un consigliere regionale, nella maggior parte dei casi, non abbia
le competenze minime per assolvere ad un compito così importante. Bisogna inoltre
considerare che se, come traspare nella nebbia della riforma, i senatori
vengono scelti dalle regioni o dai comuni con una “spintarella” del governo si
mette nella mani del partito dominante, in maggioranza alla camera e magari al
senato, anche la prima carica dello stato.
Conclusione: il senato perde ogni
valenza simbolica, non è specificato come i senatori vengano scelti, i senatori
sono poco preparati perché eletti per fare tutt’altro (sindaco o consigliere r.),
godono di immunità parlamentare e fanno il doppio lavoro consigliere/sindaco e
senatore, rischiando di fare male entrambi.
4)
Il titolo V della Costituzione viene nuovamente
modificato. Con questa modifica tornano nelle mani dello stato alcune
competenze specifiche che fino ad ora erano del tutto o in parte nelle mani
delle Regioni, come energia, acqua potabile, infrastrutture strategiche e sistema
nazionale di protezione civile.
Su questo punto è difficile fare previsioni, ma vista la tendenza degli
ultimi anni, perpetrata da più governi, di vendere parte o completamente le
grandi aziende statali non si può che prevedere un periodo di svendite all’ingrosso,
con buona pace dei referenda conto la privatizzazione dell’acqua.
5) Cambiano le norme sui referenda.
a)
Il numero di firme necessarie per la
presentazione di proposte di legge di iniziativa popolare viene triplicato: da
50mila a 150mila,in questo modo viene notevolmente ridotto il potere
democratico dei cittadini
b)
il quorum non è più calcolato sugli aventi
diritto ma sui votanti alle ultime elezioni, così facendo si smette di lottare
contro l’astensionismo e si accetta che il 40% della popolazione si astenga dal
voto.
c)
I referenda consultivi invece, in uso in molti
paesi europei e capaci di aumentare il potere del cittadino, sono solo promessi
e rimandati ad una futura deliberazione
Conclusione: i cambiamenti volti
a ridurre il potere democratico del cittadino sono certi e ben chiari mentre
gli strumenti che dovrebbero ampliare questo potere sono soltanto promessi.
6) Viene abolito il Cnel, Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. L’idea potrebbe anche funzionare peccato che anche in questo caso le direttive siano poche e si limitino a dire che, a riforma passata, un commissario verrà incaricato di “liquidare o ricollocare” i dipendenti.
Viene
da pensare che l’unica cosa che cambierà con questa riforma sarà il nome.
E’ difficile dire
verso quale deriva l’Italia si stia dirigendo e ogni previsione risulta
classificabile come “fantapolitica”, lo scenario è però preoccupante in quanto
una svolta autoritaria, purtroppo, non è una prospettiva così remota.
Un potere immane affidato ad una sola persona, ad un solo
partito, senza più alcuna possibilità di controllo da parte del parlamento non
è certo una garanzia di democrazia.
Ad oggi l’unica possibilità che abbiamo per evitare un
“domani peggiore” è quella di
informarci, capire e discutere questi temi di vitale importanza.
Noi
non siamo “gufi” pessimisti, noi siamo cittadini consapevoli.
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