Elezioni 2018: istruzioni per l'uso, di Omar Scarone



Ci siamo, dopo un’estenuante campagna elettorale fatta, come oramai è tradizione in Italia, di scandali, fango gettato sugli avversari politici e davvero poca logica, finalmente il 4 Marzo gli italiani potranno recarsi alla urne, eleggendo il parlamento che governerà, o meglio, che tenterà di governare per i prossimi 5 anni. I dubbi, sulla legge elettorale in primis, sono molti, ma per comprendere a pieno la situazione attuale, e quella che si creerà dopo le elezioni è necessario analizzare, in breve e in modo oggettivo, parte delle fondamenta democratiche di questo paese.

Vi è un grave problema di fondo: l’Italia, a differenza di molti altri paesi europei, non ha una legge elettorale inserita nella Costituzione. Questo fattore, spesso sottovalutato, risulta invece essere il nodo fondamentale della tipica “ingovernabilità all’italiana”. Ad ogni tornata elettorale infatti, il parlamento ha la possibilità di cambiare le carte in tavola, scrivendo e votando una nuova legge elettorale. È come se giocando a Monopoly, ad ogni turno il giocatore a cui spetta muovere potesse cambiare le regole del gioco. Pensate che il giocatore cambierebbe le regole per favorire gli avversari o, ancor peggio, per sfavorire se stesso? Io non credo. Con dei presupposti di questo genere la nuova legge elettorale, il Rosatellum (dio maledica i latinisti della domenica), non poteva che avere una storia, per usare un eufemismo, travagliata.

Poiché è complesso osservare oggettivamente quali schieramenti risultino avvantaggiati dal Rosatellum e quali svantaggiati, lascio questa analisi al lettore e mi limito a descrivere in poche frasi la genesi e lo sviluppo di questa legge.

La legge elettorale, data la sua importanza capitale, dovrebbe essere, nella “visione ideale del mondo”, espressione della ampia maggioranza del parlamento. Nel caso del Rosatellum però questa convenzione risulta essere, se non tradita, quantomeno allentata. È infatti noto come, vuoi per la vicinanza alle elezioni, vuoi per le pressioni dall’Europa, la attuale legge elettorale sia stata approvata con il meccanismo della “Fiducia”. Con questo sistema, in breve, il governo forza il parlamento ad approvare una legge, considerata urgente e inderogabile, legando le sorti del governo alla legge stessa. Va da sé che nessuno schieramento politico ha voglia e tempo di prendersi le responsabilità della caduta di un governo e la legge viene approvata, nonostante i dissensi interni ed esterni. In questo senso quindi il Rosatellum è sì l’espressione di una maggioranza, ma di una maggioranza risicata, che poco ha tenuto in considerazione ampie parti di parlamento.

Ad oggi sembra ormai chiaro che la legge elettorale non subirà cambiamenti e che il 4 Marzo si voterà in compagnia di due amici di vecchia data: il “Proporzionale” e il “Maggioritario”. Entrambi questi metodi di assegnazione dei seggi in parlamento saranno infatti presenti sulla scheda elettorale, o sulle due schede elettorali, nel caso degli elettori aventi diritto ad eleggere anche il senato (l’età minima è ventun anni), che ci verranno consegnate non appena giunti ai seggi.

Andiamo con ordine e sbrogliamo la matassa partendo dal Maggioritario. Con questo metodo verrà eletto il 37% del parlamento, e a combattersi sul lato sinistro della scheda saranno “le facce note”, gli esponenti di spicco di ciascun partito. I nomi dei candidati saranno diversi per ogni collegio elettorale e soltanto il candidato che prenderà più voti nel collegio avrà la certezza matematica di entrare in parlamento. Uno entra, gli altri restano fuori. È chiaro come questo sistema favorisca le coalizioni: i partiti della stessa area politica non hanno infatti alcun interesse a ostacolarsi l’un l’altro, presentando ciascuno un proprio candidato, dividendo i voti e favorendo così gli altri partiti.

Il restante 61% del parlamento, tolto il 2% degli eletti all’estero, verrà invece eletto con il metodo proporzionale. Sul lato destro della scheda quindi troveremo: il simbolo del partito e una piccola lista con i nomi dei candidati. La differenza sostanziale è che questi candidati non sono in competizione con gli altri candidati sulla scheda, o meglio, non per esclusione come i precedenti, perché non è possibile esprimere una preferenza, ma semplicemente viene richiesto all’elettore di barrare con una “X” il simbolo del proprio partito preferito. Questi voti saranno poi raccolti a livello nazionale e distribuiti proporzionalmente ai partiti, che quindi si aggiudicheranno delle “percentuali di parlamento”. Le poltrone verranno in questo senso assegnate via via ai nomi scritti nelle liste sulla destra della scheda: chi è all’inizio della lista ha più possibilità di entrare rispetto a chi si trova in fondo.

Come votare? A questo punto non rimane che esplicitare i due possibili metodi di voto:
  1. Si segna con una “X” il simbolo del partito, presente sulla destra. In questo modo si vota contemporaneamente per il 61% proporzionale e il 37% maggioritario, ciò significa che votando il partito si vota anche il candidato nel collegio.
  2. Si segna con una “X” soltanto il nome del candidato nel collegio, scritto sulla sinistra. In questo modo si vota, in un certo senso, soltanto per il celebre 37% maggioritario. Il voto infatti non andrà a nessun partito in particolare e finirà in una grande cesta di voti poi suddivisa tra i vari partiti della coalizione di cui fa parte il volto noto.

Cosa non fare? Il voto disgiunto.
Con questo sistema infatti non è possibile votare un partito e contemporaneamente il candidato nel collegio di un altro partito, pena l’annullamento del voto.

È difficile fare previsioni, anche se secondo molti, anche in questo caso, il giorno dopo le elezioni l’Italia si sveglierà con un parlamento instabile e frammentato, polarizzato attorno a tre grandi nuclei incapaci di dialogare tra loro. Nonostante questa previsione, di certo, non ottimista è importante che tutti i cittadini vadano a votare e svolgano un ruolo attivo all’interno della nostra democrazia.

Alla conclusione di questo piccolo vademecum per le elezioni, il pensiero non può che andare ai nostri padri costituenti, ai grandi uomini politici che seppero mettere da parte le divisioni prettamente ideologiche per instaurare un dialogo serio, atto a costruire una democrazia dalle ceneri di un ventennio di soprusi e violenze. E in questo volo pindarico non posso che chiedermi: ne siamo ancora capaci? Siamo oggi in grado di mettere il vantaggio personale, “l’ideologia immutabile”, gli antichi rancori in secondo piano? Siamo ancora cittadini consapevoli, informati, capaci a dialogare e a cambiare idea o davvero abbiamo scelto di addormentarci lentamente cullati dal frastuono del populismo?

Fonti:
Repubblica: http://www.repubblica.it/politica/2017/09/22/news/rosatellum_bis_scheda-176193741/


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