Essere umani nonostante le multinazionali

Sul balcone, a mezzanotte, con il palato stuzzicato dal tabacco dell’ultima sigaretta, basta poco per rendersi conto che il giorno è terminato, che la Luna si è portata via le vittorie e le sconfitte delle battaglie combattute da molti sotto il Sole.
Basta poco per capire che i propri conseguimenti sono avviluppati nel binomio inizio-fine, poiché nella kantiana intuizione del tempo nessun attimo può  nascere senza che un suo simile già tenti di scalzarlo, verso il temuto infinito.
Ed è allora che la coscienza si scuote davanti al procedere dell’esistere, al suo sentiero, ed è ingiusto scorgere solo tra successi accademici e professionali il soddisfacente volgere di questo percorso, scontando tutto a poca cosa.
Trovo, invece, vi sia un successo più interessante; quello umano. Si tratta (con buona pace degli amici del Bilderberg e delle magnifiche sorti del nostro secolo colonizzato dal consumismo americano) di un bene non materiale. Potete provare a chiederlo mentre usufruite di un fast-food a stelle e strisce, ma il povero dottore in filosofia capitato a servirvi vi dirà che è un fuori-menù. Ne avrete comunque un’idea se salutando quel commesso saprete ringraziarlo con garbo comprendendo che, egli come voi, ha nome, vissuto e dignità.
Il desiderio di eternarci presso i posteri, in questi successi, poi discutibili, rispecchia probabilmente un modo selvaggio di fare economia, che ci compete oggi come mai è successo prima, privando l’uomo della sua più tenera natura, del suo diritto ad essere fragile, ad essere mortale, a non desiderare uno specchio d’eternità senza che a se stesso e al mondo risulti “fallito”, poiché i fallimenti sono materia economica, non umana.
Più umano è credere che miliardarî, politici e operai siano uguali davanti al pianto di un bambino, alla morte di un fratello, all’amore per un figlio, poiché questa è la nostra “semenza”.
Vero è che uno stato socialista porterebbe i più a far fronte a quelle istanze materiali, comunque presenti, con meno difficoltà, eppure i sentieri delle età convergono verso quell’hegeliano riappacificarsi col mondo, verso quella forma di saggezza che a tutti, indistintamente, è offerta e che rappresenta successi senza dubbio maggiori di quelli finanziari dell’oracolo di Ohama, uomo da 75 miliardi di dollari, celebre per aver sentenziato che "la lotta di classe esiste" e che l'hanno vinta loro; quella di classe non è forse però l'unica lotta da combattere.
In questo trovo stia la giustizia dell’esistere; in un ordine naturale e umano capace di disconoscere le esigenze storiche e abbracciare un’uguaglianza a portata di mano.

Francesco D. Putarani, III classico

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