Iditarod: uno spirito indomabile vola sul ghiaccio


Iditarod: uno spirito indomabile vola sul ghiaccio

Alaska, Nome, 1925: una cittadina sul bordo del Circolo Polare Artico, in riva al mare di Bering, che da novembre a giugno ghiaccia isolandola dal resto del mondo.
Circa 10.000 abitanti fra nativi Inupiat e minatori. Uomini duri, stremati dal freddo e dalla fatica, spinti in queste lande gelate dalla frenesia della corsa all’oro.
Curtis Welch è l’unico medico presente in città a vigilare sulla salute dei suoi concittadini. All’inizio del mese di dicembre del 1924, una malattia oscura comincia a serpeggiare fra la popolazione, mietendo vittime soprattutto fra i bambini.
La diagnosi è angosciante: difterite.
Welch possiede, in laboratorio, 80 mila unità di antitossina... scaduta nel 1918. Il potere distruttivo del morbo rischia di sterminare la popolazione, soprattutto i nativi privi di autodifese.
Attraverso le linee militari, le uniche ancora attive, parte il telegramma di Welch che viene ricevuto ad Anchorage, a Seattle, fino a Washington D.C.: “Ho un disperato bisogno di un milione di unità di antitossina, l’epidemia è inevitabile.”.
Il vaccino è disponibile: solo 300.000 unità. Poche, in effetti, ma sufficienti ad arginare la diffusione della malattia.
Ma come farlo arrivare a Nome? Nessuna nave può sfondare il pack del mare ghiacciato; gli aerei non possono volare e la ferrovia arriva solo fino a Nenana, una cittadina ad oltre 1085 km di distanza.
Lo straziante appello del medico non resta inascoltato. Il governatore Scott prende subito una decisione: il siero giungerà velocemente in treno fino alla stazione di Nenana, da lì partirà una staffetta di slitte trainate da cani che dovranno raggiungere Nome e il quartier generale del dottor Welch.
Immediatamente il servizio postale mette a disposizione i ‘musher’ (guidatori) più esperti e i loro cani da slitta. Alle ore 21.00 del 27 gennaio 1925, ‘Wild’ Bill parte con la sua slitta e la sua muta. Il giorno seguente, dopo aver perso quattro dei suoi cani e ave subito una paralisi facciale a causa del gelo, raggiunge la prima tappa e consegna il cilindro contenete il siero al secondo musher.
Nonostante le condizioni impervie, la staffetta funziona, avanzando fra i ghiacci secondo i tempi previsti. Attraverso la radio l’America segue le sorti del siero con il fiato sospeso, mentre la speranza cresce nel cuore delle persone.
Bluff (un negozio, un saloon e una dozzina di casette) è la penultima tappa: il musher Gunnar Kaasen riceve il siero e, alle dieci di sera, parte con la sua muta di cani guidata da Balto, un siberian husky di 6 anni.
Fra i ghiacciai spazzati dal blizzard, con una temperatura di 47° sotto lo zero, una raffica di vento ad oltre 100 km/h rovescia la slitta costringendo il musher ad una disperata ricerca a mani nude del cilindro.
Evitando crepacci, cumuli di neve e bufere di vento, Kaasen raggiunge Pont Safety, da cui sarebbe dovuta partire l’ultima staffetta. Ma la slitta che deve dargli il cambio non c’è e il tempo peggiora.
Senza esitazione, Gunnar Kaasen riparte sulla pista diretta a Nome. Il buio e la bufera gli impediscono di vedere oltre la testa della muta, ma Balto guida la slitta con una determinazione sovrannaturale, senza mai perdere la pista.
Alle 5.30 del mattino, dopo aver percorso oltre 130 km in condizioni estreme, la slitta di Gunnar Kaasen si ferma davanti all’ospedale di Nome. Il dottor Welch è costretto gettare acqua calda sulle mani del musher che erano rimaste attaccate alla slitta per il gelo, ma il cilindro con il vaccino è, infine, arrivato.
Stremato, il musher si lascia cadere a terra ma, prima di svenire per la fatica, riesce a trovare la forza per rivolgersi a Balto: ‘Damn fine dog!’ (‘Cane dannatamente in gamba!’).
Grazie alla staffetta, perfettamente coordinata, l’epidemia venne arginata e, pochi giorni dopo, un’altra staffetta – guidata da quasi tutti gli stessi musher della prima – partì per portare le altre unità di vaccino.

La ‘Serum run to Nome’, la ‘corsa del siero verso Nome’, viene ricordata ogni anno, dal 1977, dall‘Iditarod’: una straordinaria gara di cani da slitta in cui i “musher”, nel mese di marzo, ripercorrono i 1688 km che separano Anchorage dalla cittadina di Nome.
E Balto, con la sua statua di bronzo in Central Park a New York, ci ricorda che gli eroi, uomini e cani, sono tutti uguali, ma alcuni sono più uguali di altri.

Gunnar Kaasen e il suo cane Balto





                                                                                                         Rossella Bellenda

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