Una traduzione insolita



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Possono dei versi di Giacomo Leopardi diventare un insieme di faccine e simboli vari?
Stando a quanto è stato elaborato dal team formato da Francesca Chiusaroli (docente presso l’Università di Macerata), Johanna Monti (docente presso l’Orientale di Napoli) e Federico Sangati (ricercatore indipendente), con  l’aiuto della community #scritturebrevi di Twitter, pare proprio di sì.

Il gruppo era già stato attivo precedentemente: tra il 2016 e il 2017 trasformando in pittogrammi il best seller di Collodi, “Pinocchio”, nel 2018 la Costituzione italiana, ma, quest’anno, ha voluto azzardare scegliendo una delle poesie più note e tradotte al mondo: “L’Infinito” di Giacomo Leopardi. 
Il “nuovo” testo con le emoji sarà esposto nelle Sale Antiche della Biblioteca Comunale di Macerata con altre 27 traduzioni del celebre componimento, dall’aramaico al gaelico.
Il titolo viene rappresentato dal simbolo dell’infinito insieme a una clessidra, mentre “caro” viene reso da una delle classiche faccine, circondata da cuori. Ci vuole un po’ più di fantasia per decifrare “ermo” e “colle”: ci sono una montagnetta e un volto maschile. Il resto del testo poetico si snoda tra trovate buffe, come la resa di “ove per poco il cor non si spaura” con il pianeta Saturno. 
Tuttavia, durante gli studi sono state riscontrate diverse difficoltà. 
La prima a essere affrontata è stata la sostituzione in pittogrammi di ogni concetto espresso nella poesia originale. “Cosa non sempre facile - racconta la docente Chiusaroli in un’intervista- benché oggi il repertorio di emoji, messo a disposizione da Unicode, sia molto consistente e variegato”. Ma la vera sfida è stata cercare di mantenere la bellezza e raffinatezza del linguaggio poetico. “Volevamo costruire l’Emojitaliano poetico, senza però snaturare troppo la nostra lingua”, continua Chiusaroli. In seguito anche la sintassi ha aperto un problema. “Dovevamo decidere se seguire quella del testo leopardiano o se sacrificarla in nome della nostra, che, per risultare leggibile, è strutturata nella sequenza Soggetto-Verbo-Oggetto”. Alla fine è stata scelta la seconda opzione: l’intento del team era, infatti, quello di far avvicinare il lettore al testo originale e non crearne una copia fedelissima, quasi sostituibile.
Nonostante, a prima vista, possa sembrare un lavoro superfluo e, per alcuni, una “presa in giro” nei confronti di uno dei più grandi autori dell’Ottocento che, sentitosi infelice e incompreso tutta la vita, si gettò tra le braccia della poesia, si tratta, invece, di un progetto che, andando oltre il valore tecnico, fornisce un’interessante occasione per l’indagine linguistica, in particolare nella possibilità di verificare il mondo delle emoji come lingua universale. 
In un’epoca come la nostra, globalizzata, in preda al “tempo reale”, al "momento" e in cui l’idea di una lingua universale si dirama sempre di più, un caso linguistico e sociale come questo (primo al mondo e tutto italiano) può e deve essere studiato.

Anna Pregliasco - II classico

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