La Noia esistenziale
Vi
è mai capitato di sentire un peso addosso? No, non intendo lo zaino
o il piumone, intendo una massa che, per assurdo, va oltre la realtà
materiale. Questo macigno si genera nel centro dello sterno e
successivamente prende spazio, trasferendosi prima alla testa e poi
in tutto il nostro essere. Si è come trascinati da un’ ancora nel
fondo di quell’abisso chiamato coscienza: buio, sconosciuto,
freddo. Il cuore inizia a battere forte e la mente perde per un
momento il senno, portando a uno stato di confusione totale. Nella
testa è presente solo una domanda: “Che cosa sono io?”. In quel
momento si riconosce la realtà circostante come estranea e lontana,
irraggiungibile come il nostro riflesso, capendo che nulla oltre al
nostro pensiero è certo in questo universo.
Dopo
uno stato di anarchia mentale sentiamo il bisogno irrefrenabile di
allontanare questo pensiero focalizzandoci su una canzone o un libro,
ma soprattutto uscendo di casa per interagire con il mondo esterno.
Ma la fretta di uscire dalla nostra abitazione sarà poi uguale a
quella con cui vorremo tornare indietro, avendo capito che la pace
non si trova in nessun luogo fisico. Passano quindi minuti, a volte
ore, mentre si ascolta una domanda che rimbomba nella mente: “Che
senso ha tutto questo?”. Ascoltando il silenzio che segue, ci
addormentiamo.
“Così
ognuno fugge se stesso, ma a questi di certo non riesce a sfuggire e,
suo malgrado, vi resta attaccato e lo odia, poiché, malato, non
afferra la causa del male.”
In
un periodo di insicurezze e
guerre civili, quando non solo l’uomo cominciava a perdere i valori
ma anche gli dei iniziavano a morire lentamente,
un uomo fortemente
materialista descriveva così il Taedium Vitae, il
disagio della vita. Tito Lucrezio Caro narra di un Puer
che, percependo una strana sensazione, decide di uscire per andare a
cavallo, ma subitamente ritorna alla villa. Egli non capiva che non
stava fuggendo da null’altro se non da se stesso e dalla sua
interiorità. Questa impressione, tuttavia, scomparve quasi
completamente nel medioevo, età in cui gli uomini erano cullati
dalle braccia rassicuranti della religione. Nel momento in cui
nuovamente Dio non tenne più per mano l’uomo, ritornò il medesimo
sentimento malinconico a cui siamo soggetti ancora oggi. E’
impressionante notare come questo pensiero, quindi, non sia figlio
esclusivamente della cultura dell’uomo moderno e della sua
frenesia, bensì derivi da qualcosa di più profondo, che va oltre il
tempo e che rappresenta la stessa natura umana. Esso deriva dalla
consapevolezza di non sapere, di non avere certezze su cui basarci.
E’
come se non ci accorgessimo di essere immersi nel mare e, pensando di
avere ai nostri piedi un appoggio, cercassimo di saltare per
raggiungere qualcosa al di
sopra del
livello dell’acqua; accorgendoci
di essere, però, sempre fermi, sale in noi confusione, rabbia ma
soprattutto inquietudine. Questa
è la Noia esistenziale.
Irene Pizzorno - 4^A
Irene Pizzorno - 4^A
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