Memorie passate di una tempesta lontana
"Ogni giorno veniamo bombardati da notizie riguardanti l’espandersi di un nemico invisibile ed infido, che in poco tempo ha reso antico un mondo moderno e mortali gli esseri che godevano delle gioie dell’immortalità. No, non intendo dipingere a parole un ritratto della fine del mondo, voi lettori ne avete già visti fin troppi, sarebbe solo ripetitivo e pesante, privando il messaggio riportato di ogni valore, macchiandomi, probabilmente, di troppo semplici buonismi e moralismi.
In questo periodo servirebbe a ben poco scrivere un articolo polemico in cui elenco i peccati degli uomini, muovendomi come un metronomo tra due visioni opposte, quelle del “si poteva fare di più” e del “siamo spacciati perché la gente è egoista”, risultando, come dicevo prima, scontato nel contenuto ed insipido nella forma. Piuttosto, vorrei costruire un ponte tra me e chiunque leggerà le mie parole, indirizzate non tanto alla coscienza quanto al cuore, per dar vita ad un discorso su un argomento a cui penso da parecchio tempo: come viene percepito il nemico che stiamo combattendo?
Fin da subito venne presentato come qualcosa di innocuo, pensiero che divenne in poco tempo un mantra per tutti noi, recitato continuamente ad ogni ora del giorno e della notte, mentre la fiducia in quelle parole venne sempre meno, fino a svanire del tutto con l’arrivo della morte e il risveglio dell’istinto di sopravvivenza che, volenti o nolenti, fa parte della realtà umana. Iniziò quindi l’isteria popolare, dettata dal nostro sentimento di autoconservazione, seguita da una caccia alle streghe per trovare il paziente zero e, a poco a poco, l’Italia si è fermata: il bel Paese cantato da Dante, trasformato in una zona di guerra e desolazione, in cui solo il vento tiene compagnia alle vestigia del passato. Col passare del tempo però si è riaccesa una fiamma nell'oscurità del popolo italiano, una consapevolezza rassicurante, oserei dire “normalizzante”, che già si era fatta strada in silenzio molto prima e che ora grida a squarciagola: quella che viene combattuta non è la nostra guerra. Infatti, non lo è, si tratta dell’inferno dei vecchi e degli infermi, non di certo del popolo, giovane e forte; dopotutto, erano già destinati alla fine, così si accelera solamente il processo.
Parole forti, ma che racchiudono perfettamente il concetto, ripetuto forse per autoconvinzione da quasi tutti noi. Come detto in apertura, non intendo giudicare nessuno e tantomeno indicare una via da seguire per cambiare la nostra mentalità; piuttosto, voglio farvi riflettere su un aspetto in particolare di questo nostro nemico, che spesso viene sottovalutato, poiché ci concentriamo solo sui dati e sull'analisi epidemiologica: questo virus distrugge completamente l’uomo e la sua dignità, lo porta ad una morte solitaria in un letto di ospedale, dopo giorni di paura, tormentandolo ulteriormente nell'aldilà, dannandolo, come avrebbe detto Foscolo, ad un'illacrimata sepoltura, lontano per chissà quanto dall'affetto dei suoi cari e condannato ad essere nulla più che un numero, come tanti altri, caduti invisibili di una guerra che, forse, ci riguarda più di quanto pensiamo."
Ho scritto queste parole nelle settimane più crudeli dell'epidemia, quando la speranza sembrava sparita dalla nostra realtà.
E ora, passato quasi un mese, rinnovo il mio invito alla riflessione, affinché sempre meno persone rischino di finire tra gli artigli di questo nemico che, a poco a poco, si nasconde sempre più nelle ombre.
Lorenzo Baldi - 4^A
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