Qualcuno ha detto Amuchina?



In questo ultimo periodo è l’articolo più ricercato sugli scaffali dei supermercati e sui banchi delle farmacie, è la parola più digitata su Google e c’è gente che sarebbe disposta a pagarla molto di più del suo prezzo di listino. Di che cosa si tratta? Dell’Amuchina.
Tuttavia non è la prima volta che la propagazione di un’epidemia, come quella di Covid-19, fa spostare i riflettori sul famoso prodotto. Era già successo negli anni Settanta, ai tempi del colera. Malgrado ciò, tutti sanno che cosa sta accadendo in questi giorni per il disinfettante. Pochi, invece, la sua storia e il suo inventore.

La nascita viene fatta risalire agli anni Trenta del Novecento, in un periodo legato alla lotta contro una malattia che stava creando problemi sanitari e sociali sempre maggiori: la tubercolosi. C’è addirittura chi sostiene che il nome del disinfettante derivi proprio dal nome del Bacillo di Koch, ossia il Mycobacterium tubercolosis, che provoca, appunto, la tubercolosi.
Ma, in realtà, la formula era già stata presentata nel 1923 dall’ingegnere elettrotecnico di origini pugliesi Oronzio De Nora. Figlio di Michele De Nora, anch'egli ingegnere, Oronzio era uno studente eccezionale, non temeva alcun esame a tal punto che il padre coniò il motto “durantes vincunt” (chi persevera vince). E lui certamente vinse. Si laureò presso il Politecnico di Milano, dove ebbe numerose intuizioni geniali, tra queste quella di un potente antibatterico, l’ipoclorito di sodio diluito in acqua. Sempre a Milano fondò la sua industria, oggi importante multinazionale.
La produzione dell’antisettico venne ripresa negli anni Trenta a Genova e, nel 1948, Pietro Giavotto diede un nuovo volto alla fabbrica Eridania (fin dall’Ottocento specializzata nella produzione di zucchero), utilizzando lo stabilimento con sede nel capoluogo ligure per la creazione esclusiva di Amuchina. È proprio grazie al lavoro di questi e del figlio Giorgio che si deve il graduale aumento dell’utilizzo del prodotto negli ospedali.
Nel 2000 la grande svolta: la soluzione viene acquisita dalla società farmaceutica Acraf, che fa parte del gruppo Angelini.

Dal punto di vista artistico, è stata oggetto di un murales che ha fatto letteralmente il giro del Web. Stiamo parlando della rivisitazione de “Il bacio” di Hayez in chiave Coronavirus, dal titolo “L’amore ai tempi del Covid-19”. Nell’opera appaiono i due amanti del celebre dipinto che, indossando la mascherina e tenendo Amuchina nelle mani, si lasciano andare ad un profondo bacio senza fine.
Che dire? L’opera si commenta da sola, ma si può comunque cogliere l’occasione per ribadire, ancora una volta: restiamo a casa, usciamo se strettamente necessario. Facciamolo per noi, per i nostri cari, per tutti coloro che stanno lavorando sodo per trovare una cura, per curare i malati, facciamolo per l’Italia. Un giorno, finito tutto questo, potremmo tornare a ridere, ad abbracciarci, a baciarci senza più bisogno di protezioni. Facciamo sì che questo giorno sia più vicino di quanto pensiamo.

P.s. Non litigate come animali per l’ultima boccetta di Amuchina, non ce n’è bisogno. L’OMS ne ha rilasciato la ricetta “ufficiale” in un documento che guida passo passo alla preparazione della soluzione. Grazie a questa, ognuno di noi può produrla in casa propria e, direi, che di tempo a disposizione ne abbiamo, anche fin troppo.

Anna Pregliasco - II classico 

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