Beni Culturali
Ciao a tutti lettori del nostro giornale,
Per permettere ai ragazzi che frequentano l'ultimo anno al nostro liceo di partecipare all'orientamento universitario, noi del giornale abbiamo intervistato alcuni ex liceali che, rispondendo alle nostre domande, spero vi permettano di chiarire un po' le idee.
Intervista a Lorenzo Brusco, facoltà di beni culturali, terzo anno, ateneo dei Torino.
Perché hai scelto questa facoltà? Era un’idea che portavi avanti da tempo o ti sei basato su consigli ed esperienze di persone che conoscevi?
L:Ho scelto questa facoltà perché sin da quando ho iniziato a fare storia dell'arte ad un certo livello (quarta-quinta superiore) al liceo ho capito che studiare questi argomenti era ciò che davvero amavo fare nella vita. Non mi hanno spinto delle specifiche prospettive lavorative (che sono comunque necessarie per continuare a motivare lo studio) ma fondamentalmente una passione che un po' avevo connaturata e che un po' mi sono costruito con il tempo. L'idea di fare Beni Culturali è maturata in me con sicurezza nei primi mesi di quinta superiore. Non è stato facile, soprattutto nel mio caso, capire l'indirizzo giusto tra le varie Lauree Umanistiche perché non è come Medicina o Ingegneria, Matematica o Lingue. Mi sono dovuto informare in maniera autonoma, chiedendo aiuto a poche persone che sapevo stavano facendo quel percorso di studi. Sicuramente parlare con loro mi ha aiutato molto ad incanalare le scelte. Soprattutto nel mio corso di laurea specifico infatti è facile confondersi e credere che fare Beni Culturali serva a fare (che so io) il restauratore o il promoter di eventi o ancora automaticamente l'insegnante di storia dell'arte.
Per entrare alla tua facoltà, c'è un test d'ingresso?
L: Niente test d'ingresso, era presente un test dei requisiti minimi (TARM) che però hanno tolto quest'anno per il COVID, molto semplice come prova, 60 domande a risposta multipla che mischiavano cultura generale, matematica, scienze, comprensione del testo, cultura umanistica. Se non superavi un certo punteggio eri ammesso, semplicemente dovevi seguire un corso in più, una cosa del genere.
Quali sono i lati positivi, che ti piacciono e ti hanno colpito, della tua università?
Quali sono, invece, quelli negativi, cosa ti aspettavi di diverso e cosa ti ha in qualche modo deluso?
L: È il corso che mi ha permesso (e mi sta permettendo) di fare quello che davvero volevo fare: studiare materie umanistiche e farlo bene, con la speranza di poterlo poi applicare al mio lavoro futuro. Le materie sono molto interessanti, è chiaro che bisogna essere appassionati!
Quello che posso dire di negativo è che purtroppo manca un aspetto prettamente pratico: terminata la triennale mi trovo a dovere scegliere una magistrale che mi specializzi e che indirizzi il mio lavoro, senza però avere in mano sostanzialmente nulla che non sia un profondo bagaglio culturale (essenziale per proseguire in entrambi i percorsi che si intendono poi scegliere, quello legato alla Storia dell'arte e quindi all'insegnamento e alla ricerca, o quello legato all'Economia e alla Gestione dei Beni Culturali, su un altro piano). Quindi, è la scuola che ti prepara nella maniera più giusta a lavorare nel mondo dell'arte, ma serve pazienza e terminati i tre anni serve necessariamente proseguire gli studi.
Se vivi, o meglio vivevi visto il periodo, fuori casa, quali sono i lati positivi e negativi? Com'è la vita in città rispetto a quella dei nostri piccoli centri?
L: Allora, io ho avuto (e sto avendo) una fortunata esperienza universitaria. La città non è per tutti, ecco, e io stesso ho fatto fatica ad abituarmi a cose che sembrano banali per chi ci vive ma che per noi sembrano assurde. Parlo della cosa che magari può più interessare, il fatto che potenzialmente ogni sera c'è qualcosa da fare, qualcuno con cui uscire, locali, pub, cinema aperti è sicuramente una figata. Però bisogna fare attenzione a non lasciarsi inghiottire dalla città, ecco.
Personalmente sono riuscito a bilanciare la mia vita in città (e non ci ho messo un mese, ci ho messo un paio di anni) e adesso faccio fatica a vivere in un paese come sono i nostri. Però è un discorso tanto tanto soggettivo.
C'è chi adora vivere da solo perché ha i suoi ritmi, si sente autonomo, chi invece odia vivere in casa con gente che non è sulla sua stessa linea d'onda.
Per fare l'università da fuori sede serve spirito d'adattamento, ecco. Però è una di quelle cose che se una persona si può permettere di fare può servire tanto a maturare e a crescere.
Poi io vivo a Torino che è una città diversa da Genova e da Milano, per dirne altre due. Se sentissi 100 persone sentirai 100 versioni diverse su questo argomento.
2) Economia e Gestione. Ci si aspetta poi di fare un lavoro che sia più vicino agli aspetti economici e finanziari. Lavorare quindi in aziende che si occupano dell'organizzazione di eventi, di mostre. Sì può cercare di entrare nel mondo della sovrintendenza dei beni culturali e negli organi amministrativi, nei musei, negli enti incaricati alla tutela.
Dove ti vedi tra cinque anni?
L: Vorrei poterti sapere rispondere con precisione. La verità è che ora come ora sto decidendo la facoltà magistrale e sto cercando di studiare il più possibile. Probabilmente andrò a fare Economia e Gestione dei Beni Culturali. Ciò che mi aspetto tra cinque anni è di potere avere un lavoro stabile nel settore della museografia e di aziende che promuovono mostre, attività ed eventi culturali, avendo un bagaglio culturale il più ampio possibile e se possibile un'esperienza di erasmus/tirocinio all'estero.
C'è qualche tuo amico del liceo o comunque che conoscevi prima dell'università che fa la tua stessa facoltà?
L: Allora, sì, conoscevo un ragazzo che stava facendo il mio stesso corso ma tre anni più avanti, mi ha aiutato un po' come consigli. Però le mie scelte sono state quasi completamente autonome, non ho avuto una strada chiara da seguire, ecco.
Ringrazio Lorenzo per il suo tempo e speriamo che questa intervista, come anche le prossime che verranno, vi risulti utile e interessante.
Bianca Genta- IV ginnasio
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