Una parola può fare la differenza


Se si stimasse quante parole si ascoltano e si leggono in un solo giorno, il numero, pur dipendendo dalle abitudini del singolo, sarebbe molto elevato. Se ci si soffermasse sul contesto e il modo in cui esse vengono pronunciate, allora sarebbe tutta un’altra storia. Quando si parla a vanvera, quando si prende in giro, quando si fa ironia, qualcuno viene veramente colpito con un’arma che sa essere invincibile: le parole. Ebbene sì, le parole hanno un peso, e alcune, più di altre, sono veramente difficili da sopportare e mandare giù. Prova a chiamare qualcuno “negro”. Prova ad usare “frocio” e “checca”. Prova a dire “ebreo” con lo scopo di offendere. Prova a fare un commento sessista. Prova. Ti si scaglieranno contro. Come mai? Perché tutti, improvvisamente, si sentono presi in causa e diventano paladini della giustizia pronti a difendere il prossimo. Usa il termine “mongoloide” o qualsiasi altra parola legata alla disabilità e non accadrà nulla. Non c’è nessuno. Dove sono finiti tutti? Semplice indifferenza? No, ignoranza. 

La maggior parte delle persone che utilizzano parole come “mongoloide”, “handicappato”, “autistico”, “cerebroleso” o “ritardato” è probabile che non sappia nemmeno di offendere qualcuno. “È solo un modo di dire, non ce l’ho davvero con loro”, “Conosco diverse famiglie che hanno figli problematici, ho tanto da imparare da loro" si dice nascondendosi dietro semplici frasi dove non appare nemmeno l’ombra di un semplice “Ho sbagliato”, di una giustificazione. 

Anzi, traspare solamente pena e pietà per quelli che non sono ad un livello "up" come gli altri, ma "down", andando a peggiorare le cose. E, per di più, la nostra superiorità, il nostro senso di onnipotenza, non ci permette nemmeno di riconoscere gli errori, perché è come riconoscere i propri limiti, cosa che le persone con disabilità hanno imparato a fare e accettato.

Un tempo, coloro che presentavano carenze intellettive e fisiche venivano rinchiusi in casa, in istituti o collegi per la vergogna dei loro famigliari o per la poca fiducia nelle loro possibilità.

Ma, ora, il mondo è cambiato, le mentalità si sono evolute e, oggi, a ragazzi e ragazze speciali sono date diverse opportunità. È permesso loro studiare, il mondo del lavoro, piano piano, sta capendo che sono un valore aggiunto per l’azienda e non un atto di benevolenza nei confronti di una categoria fragile, possono votare, amare ed essere amati, andare a vivere da soli con qualche piccolo aiuto, sono liberi di pensare e di sentire con il proprio cuore.

Tuttavia una società che accetta tutto ciò, accoglie queste persone in modo diverso. Come non esiste differenza tra l’individuo ideale e l’omosessuale, l’emarginato, perché, con le lotte e con il tempo, si è capito che siamo tutti parte di un unico grande corpo, pronto ad accoglierci nelle nostre peculiarità e diversità, perché si continua a rendere inospitale e cattivo questo mondo per i “meno fortunati”?

Si tratta, in primis, di un fatto culturale prima ancora che sociale. La cultura in evoluzione, infatti, ha come base il linguaggio e se lasciamo spazio a parole come quelle sopra citate, si fa un passo indietro di diversi anni, decenni. Però, con un piccolo riguardo si può fare davvero la differenza: se ogni volta che si dice “mongoloide” non si vuole davvero offendere nessuno, ci si ferma, si chiede scusa e si invita gli altri a non usare più quel termine. È una piccola rivoluzione, lenta, ma efficace, che giorno dopo giorno cancellerà una brutta abitudine.

In fondo, la maggior parte dei ragazzi speciali, nella propria genuinità e ingenuità, non sa come si possa fare male agli altri, non identifica come “diversi” o “strani” quelli che li etichettano, sa perdonare e passare oltre, apprezza ogni più piccolo gesto, come un bacio o una carezza, è gentile e dentro ha un vero e proprio mondo a colori da scoprire in ogni sua sfumatura. A volte, infatti, è l’essere più semplice e innocuo ad avere tanto da raccontare e da mostrare.


Anna Pregliasco - III classico

Commenti

Alessandro Maccarone ha detto…
Bel testo....mi è piaciuto e condivido in pieno le tue considerazioni.....brava Anna.....un saluto e ora aspettiamo un altra Tua canzone

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