Lettere moderne

 Intervista-orientamento per la facoltà di Lettere moderne

Quest’anno il Covid-19 ha portato con sé sofferenze e molte restrizioni. Una di queste ha inficiato l’orientamento scolastico, che non si è potuto svolgere e non si svolgerà in presenza. Ma il Giornalino degli studenti del Liceo Calasanzio ha trovato un modo alternativo per soddisfare le curiosità o i dubbi di tutti gli studenti, del quinto anno e non.

Per l’occasione, mi è stato concesso di intervistare Paola Greco, in rappresentanza dell’Università degli studi di Genova, e Alessio Perrone, in rappresentanza dell’ateneo di Torino. Entrambi frequentano l’indirizzo di Lettere moderne. Ora passiamo alla parte viva dell’articolo:


  • La scelta: che cosa vi ha spinto a scegliere questa facoltà? Sin da piccoli pensavate a questo tipo di percorso oppure c'è stato un episodio in particolare, un'esperienza che avete sentito raccontare da un amico, la lettura di un libro o altro che vi ha indirizzato su questa strada?


Paola: Personalmente, ho scelto questa facoltà perché ho sempre avuto la passione per la lettura e la scrittura; al Liceo, infatti, ho trovato conferma a queste mie inclinazioni. Così, dopo aver valutato al dettaglio altri interessi maturati negli anni e le possibilità lavorative che varie facoltà mi avrebbero offerto, ho deciso di iniziare Lettere per amore e interesse verso le materie che avrei studiato.


Alessio: Ciò che mi ha spinto a scegliere questa università è sicuramente l’interesse che sento per le materie umanistiche, in particolar modo per la letteratura italiana e per la storia. Ad essere sincero, però, devo ammettere che la scelta è stata orientata sulla base di alcune difficoltà scientifico/matematiche che ho riscontrato nel mio percorso al Liceo scientifico.


  • Spostiamoci nel tempo, nel periodo degli esami di ammissione: per entrare alla facoltà di Lettere moderne si deve superare un test d'ingresso? Se sì, come lo definireste, difficile o fattibile?


Paola: Per entrare a Lettere moderne non esiste un vero e proprio test di ammissione. Però, almeno a Genova, ne viene fatto uno di conoscenze. Mi spiego meglio: si tratta di un’analisi di un testo letterario italiano; per superarlo bisogna dimostrare di saper scrivere in modo corretto, di avere buone capacità di analisi e una conoscenza almeno basica della letteratura italiana. Non è il caso di uno studio matto e disperatissimo, a parere mio, basta un buon ripasso della letteratura studiata al Liceo. Se non viene superato, l’università permette di iscriversi e frequentare le lezioni, ma bisogna ripeterlo e superarlo dopo aver seguito dei corsi di recupero obbligatori. Infatti, finché non si passa il test, niente esami.


Alessio: L’ingresso all’università di Lettere è libero, sì, ma allo stesso tempo richiede di effettuare due test: il T.A.R.M. (Test di Accertamento dei Requisiti Minimi) e uno di latino. Il primo è fondato su vari argomenti. Diciamo che permette di comprendere le competenze e le conoscenze di ogni futuro studente, però, non blocca l’ingresso in università. Il secondo, invece, in base al punteggio ottenuto, ti inserisce in uno dei quattro corsi disponibili sulla lingua in causa. Ognuno di questi corsi rappresenta un livello di conoscenza diverso: si parte da quello base fino ad arrivare al più complesso, con letteratura e grammatica insieme. Per capirci, io ho frequentato l’ultimo corso e ho dovuto sostenere quattro versioni e due esami orali per avere un voto unico. 


  • La vita all'interno dell’università: potreste descrivermi in poche e semplici parole l'università che frequentate? Non dimenticate anche i lati negativi, se ce ne sono. Da liceali si tende a vedere il mondo universitario come mitico e lontano, personalmente vi aspettavate un qualcosa di diverso rispetto a quello con cui siete entrati in contatto? Nel vostro indirizzo avete ritrovato persone che già conoscevate, compagni di classe? Siete riusciti a fare nuove amicizie e ad integrarvi in classi più ampie? Preferite la didattica a distanza oppure quella in presenza? Siete riusciti a creare un rapporto con i docenti?


Paola: Ho apprezzato molto che i professori si interessino alle opinioni e alle idee degli studenti, che mostrino di amare le materie che insegnano e che prendano il loro lavoro davvero sul serio, perché questo tipo di atteggiamento è sicuramente una chiara dimostrazione per quelli che credono che, al giorno d’oggi, studiare lettere non serva a un granché. Non ho trovato particolari aspetti negativi, se non il fatto che la sessione degli esami è molto breve e non è facile studiare e frequentare allo stesso tempo -sopratutto quando le lezioni erano in presenza, ora mi sembra più facile. Inoltre, tra la fine della sessione e la ripresa dei corsi, alla fin dei conti, trascorre  solo un weekend. Un tempo troppo breve che non ti permette molta possibilità di relax, a meno che non sia davvero bravi nell’organizzarsi. Per il resto, posso dire che, quando ho iniziato l’università, non conoscevo nessuno della mia facoltà, così sono dovuta uscire dalla mia zona confort, trovando e conoscendo persone davvero speciali. È più facile creare legami duraturi all’università perché ci sono alte probabilità di incontrare persone con i tuoi stessi interessi e orientamenti.


Alessio: L’ateneo che frequento è un mondo variegato, molto aperto, almeno tra gli studenti. Ciò che fa la differenzia da un Liceo è il fatto che il rapporto con i professori è decisamente più impersonale; fondamentalmente, un professore non ti conosce fino al momento dell’esame, ma il motivo è chiaro: vedono centinaia e centinaia di studenti, non sanno chi frequenti le loro lezioni. Questa è, senza ombra di dubbio, una situazione a cui un ragazzo del Liceo può non essere abituato. Non bisogna poi pensare che l’università, almeno per come l’ho vissuta io, sia quella che si vede nei film americani. Un bel mondo, ci mancherebbe, ma, lasciamelo dire, un po’ troppo fantasioso. D’altra parte, però, non è da vedere come un ambiente tetro e triste, anzi, si cerca di aiutarsi gli uni con gli altri: abbiamo vari gruppi social, in cui mandiamo appunti e scambiamo consigli sugli esami. Un’altra cosa bella è che hai la possibilità di conoscere gente proveniente da tutta Italia; io, ad esempio, ho un caro amico che viene da Avola, in Sicilia. Ora come ora, la didattica a distanza ha reso tutto più impersonale, ha tolto il piacere di recarsi all’università, per non parlare dei problemi di connessione. Ti dico, mi sono visto annullare un esame a causa di un’interruzione della connessione. Tuttavia, credo che in questo momento sia necessario e più che giusto fare questo. La salute è più importante.


  • Lo studio e gli esami: dopo cinque anni di liceo, in cui i professori quasi ogni settimana verificavano lo studio degli allievi, come vi siete trovati e come avete fatto a gestire un programma di materiale molto più ampio e approfondito con scadenza a lungo termine? Il liceo vi ha preparato, vi ha dato una base solida su cui costruire i vostri studi universitari? Come definireste gli esami? Sono qualcosa che temete per sempre fino alla fine o, superato l'imbarazzo del primo, vi sentite a vostro agio?


Paola: Dal momento che nella mia facoltà gli esami sono quasi tutti orali e che le parti scritte sono valutate anche sulla base delle capacità di scrittura, direi che sia sufficiente saper parlare e scrivere abbastanza bene. Ma il Liceo prepara molto a questo tipo di disposizioni. Oltre a ciò, serve anche una buona memoria, perché ci sono esami molto consistenti: ad esempio, tutta la letteratura latina liceale è concentrata in un esame e si deve studiare a casa da soli. Dimenticavo la cosa più importante: bisogna nutrire un sincero interesse verso le materie che si andranno a studiare perché, in questo modo, anche gli esami più pesanti si passeranno con meno ansia e più passione.


Alessio: Per lo studio, così come al liceo, è estremamente importante organizzarsi. Per esperienza personale, all’inizio, quando si va a vivere da soli o con i propri amici, si potrebbe avere la tentazione di dedicarsi a feste, al divertimento, ma è fondamentale concentrarsi fin da subito sul lavoro. Con questo non voglio dire che bisogna studiare ininterrottamente notte e giorno, ma che prima è necessario svolgere il compito per cui ci si è trasferiti e poi alternarlo con momenti di svago, che fanno sempre bene. Credo, allo stesso modo, che sia importante non abbandonare le proprie passioni: io, ad esempio, continuo a giocare a calcio, a suonare la chitarra, a leggere. E riesco a fare tutto ciò che voglio con l’acquisizione di una buona organizzazione. Se, però, da una parte è di grande rilievo il metodo, dall’altra non posso negare di aver ricevuto al Liceo un’ottima base su cui costruire i miei studi universitari. I professori mi hanno donato una visione aperta a trecentosessanta gradi. Per quanto riguarda gli esami, nella mia università, ve ne sono di due tipi: quelli da sei e da dodici crediti. I primi sono i meno sostanziosi e importanti, mentre i secondi si portano dietro più malloppo. Sicuramente l’ansia è una fedele compagna nelle sessioni, ma dal momento che non sai effettivamente il livello di preparazione degli altri e chi incontrerai, va un po’ a scemare.


  • Un futuro neanche troppo lontano: come vi immaginate dopo la laurea? Le offerte lavorative migliori arrivano al termine di un percorso di tre anni o di uno di cinque?


Paola: Al termine della triennale le prospettive lavorative sono poche e difficilmente potrebbero riguardare quello che si è studiato. Ad esempio, per l’insegnamento nella scuola secondaria di primo grado e nelle superiori, sbocco lavorativo principale, serve una laurea magistrale. Altri ambiti in cui si può trovare un’occupazione sono l’editoria e il giornalismo, per cui però non è indispensabile la laurea in Lettere; altre professioni ancora sono legate a istituti culturali come archivi, musei e biblioteche. Infine, vi è anche la possibilità di proseguire il percorso accademico diventando dottori di ricerca. Non so dove sarò presa la laurea, probabilmente nel campo dell’istruzione, forse come insegnante o forse ancora come studentessa. Ci sono troppe cose che vorrei approfondire.


Alessio: Presa la laurea, spero vivamente di diventare insegnante, in particolar modo di italiano e latino. Per riuscire nel mio intento, però, non dovrò solo conseguire il titolo di studi triennale, ma anche quello magistrale. Invece, un altro tipo di carriera che si potrebbe intraprendere è quella del giornalista: la laurea in Lettere, infatti, da una buona base per poter avviare un’attività di questo tipo.


  • Una vita lontano da casa: a parte questi mesi segnati da rapporti e lezioni a distanza, studiare lontano da casa è faticoso? Potreste descrivere la vostra esperienza? Come vi siete trovati a vivere in città come Genova e Torino rispetto ai nostri piccoli paesini della Valle Bormida?


Paola: Prima dell’arrivo della pandemia, ho vissuto per tre anni e mezzo a Genova. Come città, Genova è affascinante, vivibile e, in essa, non ho riscontrato difficoltà ad adattarmi. Anzi, ogni giorno, ho scoperto sempre nuovi stimoli per il mio percorso e per la mia vita. Ho trascorso i miei anni di studi in una residenza universitaria che, essendo tale, non mi ha permesso di vivere la tipica “libertà” che ci si aspetta dalla prima avventura fuori casa. Ad oggi, però, posso dire che questo è stato positivo.


Alessio: Torino è una città affascinante, con molti svaghi, sì, ma anche con diverse possibilità di approfondimento e ampliamento del proprio bagaglio culturale. È sottinteso che il passaggio da un paesino come il mio ad una città come Torino sia forte, di impatto. Pertanto ho trovato che studiare lontano da casa non sia difficile, anche se si convive in più studenti in uno stesso alloggio. Si possono combinare orari, scambiarsi i turni di studio. E, organizzazione personale a parte, Torino offre molte possibilità per lo studio in tranquillità: biblioteche, aule, e altro.


  • In aggiunta: di solito l'indirizzo di Lettere è considerato secondario rispetto ai grandi nomi come Giurisprudenza o Medicina: mito da sfatare o realtà? Quali consigli dareste ai futuri universitari?


Paola: Io dico: “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa”, dove “loro” sono quelli che considerano le università in base al prestigio o alla presunta difficoltà. Lettere non è una facoltà facile, c'è molto da studiare e serve un impegno costante. Penso che chi vuole iscriversi a questo corso di studi non si ponga il problema del prestigio -anche perché la facoltà di Lettere è una delle più antiche e non è secondaria rispetto ad altre- ma segua le proprie passioni e inclinazioni.


Alessio: Non bisogna prestare attenzione alle parole di chi può dire: “Hai scelto Lettere? Non hai voglia di studiare”, perché non è assolutamente vero. Infatti, ritengo che tutte le università siano valide, che tutti noi siamo validi in qualcosa. E proprio il fatto che vi siano così tanti tipi di indirizzi di studio significa che ognuno può trovare il proprio posto nel mondo e nella vita. Quindi, un consiglio che posso dare a tutti coloro che vogliono tentare una carriera nell’ambito di Lettere moderne, ma anche in generale negli altri indirizzi, è quello di fare ciò per cui si prova veramente interesse. Non fate una scelta di cui potrete pentirvi, solamente per paura o perché non si ha avuto il coraggio di affrontare il giudizio o la critica altrui. Bisogna fare quello per cui si pensa di poter ottenere un qualcosa nel futuro.


Anna Pregliasco - III Classico

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