MARE FUORI (2020-)

                                          Mare fuori - CNA 

 

Cosa accomuna un ricco sedicenne di Milano, con un talento innato per il pianoforte e un brillante futuro assicurato, e un giovane napoletano proveniente da una famiglia camorrista dalla quale ha tutta l’intenzione di scappare? È questa la domanda a cui vuole rispondere Mare Fuori, il fenomeno mediatico del momento, la serie più chiacchierata dei social e sulla bocca di tutti i giovani.

Nata come fiction Rai durante la pandemia, Mare Fuori conosce il suo grande successo solo dopo l’acquisto da parte di Netflix e ora, con la terza stagione in uscita, conta ascolti record mai visti prima.

Ma di cosa parla Mare Fuori?

Filippo Ferrari, ricco adolescente milanese figlio di papà, è tutto ciò che a Napoli si direbbe un “chiattillo”: giovane ricco di famiglia che ostenta senza pudore il suo status economico e sociale. Filippo non avrebbe motivo di conoscere questo termine e di sicuro non potrebbe immaginare che lo stesso diventerà a breve il suo soprannome se non fosse che, giunto a Napoli per prendere parte a uno spettacolo di pianoforte e dopo uno spiacevole incontro con una borseggiatrice in stazione, Filippo si trova coinvolto in un terribile incidente che lo porterà all’arresto per omicidio nella città di Napoli in attesa del processo e, successivamente, del trasferimento. Il suo compagno di cella è Carmine, diciassettenne napoletano anch’egli accusato di omicidio dopo aver difeso la fidanzata dalle molestie di un ragazzo: proveniente dall’ambiente camorrista della sua famiglia e destinato a diventare il “capo” del clan mafioso da cui discende, Carmine è il classico bravo ragazzo, con il sogno di diventare parrucchiere e sposare la sua amata Nina, e diventa protagonista di una ribellione interna nella sua famiglia.

I due vengono da realtà opposte, non hanno nulla a che vedere l’uno con l’altro e, anzi, sembra che nulla possa accomunarli mai davvero, ma l’ambiente del carcere minorile che confina entrambi alla staticità delle stesse sbarre diventa il pretesto perfetto per il confronto tra giovanissimi, consapevoli dell’ambiente che esiste al di fuori dell’istituto e dello sconto dei loro errori, e dell’inevitabile amicizia che ha la capacità di nascere da questo. Il mare fuori, come ci suggerisce il titolo, è dunque ciò che rappresenta la speranza, la certezza che il mondo prosegue oltre gli spiragli delle finestre e porta la luce che entra dalle loro inferriate, l’invito alla consapevolezza da parte di ragazzi che sanno di aver sbagliato e ora devono conquistarsi il reinserimento in una società che li ha guardati torvo fin dal primo momento in cui vi hanno messo piede.

Le storie di Filippo e Carmine trovano spazio in mezzo a quelle di tutti gli altri personaggi, ognuno con il proprio passato spesso turbolento che non ha lo scopo di giustificare il loro crimine bensì quello di collocare il loro presente nel contesto di una storia individuale. Difendo personalmente il diritto sacrosanto di un prodotto Rai inizialmente trovatosi su una rete non condivisa e apprezzata dal pubblico giusto (quello dei giovani) di non apparire perfetto fin da subito agli occhi di chi inizia ora a recuperarlo, ritenendolo io perfettamente in linea con il riscontro che la serie ha avuto per le prime due stagioni e non destinata effettivamente all’acquisto di piattaforme grandi come Netflix e, in generale, allo streaming col quale sta avendo esperienza solo adesso. È dunque inverosimile aspettarsi un capolavoro di tecnica ed esecuzione, ma se lo scopo dello spettatore è quello di trovare la voce di ragazzi cresciuti nel contesto sbagliato e seguirne il percorso tramite amore, amicizia, fuga da un ambiente che veste loro troppo stretto, riflessione e talvolta ribellione, questo è il prodotto giusto per voi.

La serie vuole infatti affrontare il tema della rinascita e del perdono senza ignorare la ricaduta e l’instabilità che spesso coglie impreparato chi ha già sbagliato in passato, e lo fa analizzando sia la fragilità di chi porta sulle spalle il peso della colpa sia la rabbia di chi è consapevole del proprio crimine ma ciò non lo ferma dall’accettare la sfida di compierne altri, sentendosi solo così utile all’interno di un sistema che era destinato a fare parte della propria vita prima ancora di nascere.

Con un cast di splendidi talenti, perlopiù alla loro prima esperienza lavorativa, e completamente recitata in dialetto napoletano, Mare Fuori può apparire come la metafora del passaggio dall’infanzia all’età adulta, considerando quanto questo comporti l’inciampare di chi affronta tale viaggio in solitudine, o cercando da sé una compagnia degna di tale onore.

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