LIDIA POËT

 

    

 

Viviamo consapevolmente in un mondo in cui l'abitudine comune è quella di vedere le donne in piedi un gradino sotto la potenza sociale maschile, un mondo in cui l'essere donna ha ottenuto un senso reale, degno di esistere nel presente soltanto a seguito di lotte mai terminate e incessanti ricerche di ascolto. 

Assumere dunque ruoli rilevanti in una società costruita a misura d'uomo, con l'unico fine ultimo di soddisfare ogni loro esigenza di potere e soffocare le nostre, si è sempre rivelato arduo quando si è una donna. Perché si tende ad essere inscatolate in mansioni misere, spesso vergognose, che sottintendono uno sdegno insistente verso la nostra presenza nel sistema. 

Se ad oggi ci sembra che le cose stiano cambiando, o così dicono i titoli di giornale per presentare le prossime stelle femminili del nostro tempo, è grazie a chi prima di noi ha dovuto dedicare tutta la vita a quel gradino, quell'unico, simbolico gradino che separa i due sessi. 

Tra questi nomi spesso dimenticati, lasciati a soffocare sotto il peso della novità di successo, c'è senza dubbio Lidia Poët. Donna di famiglia agiata, partecipante attiva alla realizzazione del Primo Congresso delle Donne italiano, fu la prima donna italiana ad ottenere il titolo di avvocata. 

Lidia nasce nel 1855 a Perrero, in Piemonte, e fin da piccola si dimostra interessata alla professione del fratello avvocato Giovanni Enrico. Questo prometteva la richiesta postuma di un continuo degli studi, già di per sé visto di cattivo occhio per una donna. Tuttavia la famiglia di Lidia può permetterle dapprima la frequentazione di un "Collegio per Signorine" in Svizzera, poi la patente di Maestra Superiore Normale all'età di appena sedici anni e infine quella di insegnante di lingue straniere. Lei chiede di poter proseguire gli studi ottenendo il diploma liceale e finalmente, all'età di ventitré anni, si iscrive alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Torino dopo aver abbandonato quella di Medicina precedentemente intrapresa. 

Il raggiungimento della carriera sognata è però ben lontano dalla sua realizzazione poiché nel 1884 viene presentata una sentenza a dichiarare illegittima l'iscrizione all'albo della giovane avvocata. Si riteneva infatti che le donne non potessero esercitare l'avvocatura. La legge parlava chiaro e mai una volta era citata la parola "avvocata", bensì solo avvocato, al maschile. Era chiaro dunque che le donne non potessero esserlo. Tra le altre, assurde, motivazioni c'erano le seguenti: le donne, indossando la toga sui loro abiti, avrebbero assunto un aspetta bizzarro e dunque non conforme al loro ruolo; inoltre avrebbero potuto facilmente persuadere i giudici a favorirle in quanto "fanciulle". 

Tuttavia questa decisione scaldò gli animi di molte donne, accendendo un dibattito molto fervido sui giornali. Venticinque di questi si dichiaravano dalla parte di Lidia e solo tre contrari. Questo non bastò però a garantire l'esercizio della sua professione alla donna, che passò la vita lavorativa come assistente del fratello. 

Soltanto all'età di 65 anni Lidia entrò ufficialmente nell'Ordine degli avvocati, dopo aver passato la vita nella difesa dei diritti dei minori, degli emarginati e delle donne, sostenendo anche la causa del suffragio femminile. 

Morì a Diano Marina nel 1949, dopo aver lavorato come volontaria alla Croce Rossa durante la prima guerra mondiale e riuscendo anche ad assistere, in tarda età, al decreto legislativo del 1945 che conferiva il diritto di voto alle donne italiane di età superiore ai 21 anni. 

Lidia esiste ancora quindi all'interno di questo organo che è la società odierna, sviscerato della sua storia ed erroneamente visualizzato dalle generazioni incombenti come un sistema formato semplicemente dalle sue parti. Se ne dimenticano le fondamenta, se ne dimenticano la lotta e i sacrifici di chi garantisce, con il contributo del proprio vissuto, l'esistenza di un futuro del presente di oggi, pur non esistendo più. Sono nomi come il suo a mettere insieme giorno dopo giorno i mattoni per la costruzione concreta dello stesso obiettivo che dovrebbe legare tutte le donne, al fine di eliminare quel gradino ed evitare il dislivello.

Consiglio ai più interessati di approfondire la storia di Lidia Poët anche tramite una nuovissima serie tv reperibile su Netflix dal titolo: La Legge di Lidia Poët, che ha permesso a me di conoscere questo intricato personaggio, sempre attuale e meritevole di memoria.

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