BONES AND ALL (2022)
Ci sono storie d'amore in cui la semplice condivisione di mente e corpo non basta alla totalizzante esperienza del sentimento. Storie d'amore in cui il desiderio viscerale di "possessione" supera la dedizione appassionata ed esclusiva tra persone, e riesce ad esistere nella sua completezza solo irrompendo a forza all'interno della carne: il compagno sembra appartenerci solo quando ci vengono offerti cuore e cervello, quando la sua consistenza diventa abbastanza vacua da permetterci di strappare via coi denti le sue viscere, e renderle nostre.
È il caso di Bones And All, film del 2022 presentato alla Mostra del Cinema di Venezia e diretto da Luca Guadagnino, stessa mente artefice del famosissimo Chiamami Col Tuo Nome.
La pellicola si presenta come un horror drammatico, ma l'emozione più forte che riesce a scaturire non è tanto la paura quanto la drammaticità della dipendenza, la viscerale volontà di mettere a tacere l'intrusione di un pensiero che è proprio ai personaggi - alla protagonista in particolare. Il film certamente è considerato volto a un pubblico di "stomaci forti" data la crudezza con cui comunica determinati impulsi, ma è anche capace di delicatezza, di poesia senza dubbio.
Si parla di cannibalismo, che in questo film assume il ruolo di un'oppressione interna tipica della gioventù, della voglia di fuggire che fa coesistere l'incessante bisogno di vivere quanto quello sporadico di morire, in un meccanismo narrativo che viaggia a mille all'ora e, inevitabilmente, si brucia. Va in cortocircuito.
La protagonista della nostra storia è una diciottenne americana, Maren, la quale, abbandonata dal padre stanco di coprire le stragi causate dal disturbo della figlia, decide di fuggire. Decide di cercare la madre che non ha mai conosciuto, nella speranza che qualcuno possa accoglierla come pensa di meritare, aiutarla a frenare la predazione da cui è da sempre tenuta in ostaggio. Durante il suo viaggio viene avvicinata da un uomo, il quale le rivela di essere come lei, di averne fiutato l'odore. Sono come predatori animali, loro. Hanno il desiderio di uccidere, di mangiare le loro vittime.
È da questo episodio che Maren imparerà di non essere l'unica, scoprirà un'intera comunità di persone come lei: spietate, pericolose, prive di rimorso. Tra queste c'è Lee, un ragazzo ventenne che si offre di aiutarla a trovare sua madre. Da questo momento il film diventa un viaggio on the road durante il quale i due ragazzi si innamorano, si raccontano, trovando l'uno nell'altra ciò che dalla società non hanno mai ricevuto: comprensione. Non sono più criminali, psicopatici, ma due persone uguali e in grado di completarsi.
Certamente lo scopo di questa storia d'amore, pregna di drammaticità e delicatezza - malgrado la furia con cui viene trasmessa -, non è la giustificazione della dipendenza morbosa di cui parla, bensì l'utilizzo metaforico della stessa al fine di raccontare qualcosa di maggiore. Guadagnino si avvale di una fotografia consunta e di un profondo linguaggio allegorico per esprimere la solitudine che coglie l'umanità quando viene strappata dal suo gruppo di appartenenza. Racconta quindi come l'identificazione in qualcun altro, col quale condividere il proprio malessere, sia l'unico antidoto da anteporre al veleno dell'isolamento. Il regista diventa dunque in grado di spostare il soggetto della scena dall'oscurità dell'abbandono al fulgore dell'amore.
Il tema dell'amore è trattato con una morbidezza tale da rendere plausibile il bisogno di morderlo, strapparlo via dall'osso e renderlo proprio. Indica la completa individuazione di se stessi quando finalmente si riesce a scorgere il proprio riflesso sul corpo e sulla mente di qualcun altro. E la diversità diventa impasto tra due enti uguali.
I temi della fuga e del viaggio, invece, vogliono indicare la ricerca di se stessi al fine di riconoscersi, in un qualunque minimo tratto, come conformi al mondo che ci circonda, che ci sta troppo stretto nei suoi standard, nel suo dare per scontato che siano tutti fatti allo stesso modo. Da un punto di vista tecnico c'è un chiaro riferimento registico al road movie americano, al quale certamente Guadagnino si è ispirato.
Il bivio finale del film punta certamente alla realizzazione di se stessi in quanto tali, annullando il tentativo di adeguarsi a qualcosa di diverso da noi. La completezza giunge solo quando il simile (Lee) si offre a Maren al fine di mostrarle come è fatta davvero, permettendole di usare il suo corpo come punto di svolta e accettazione. Le permette di comprenderlo, di comprendersi. Fino all'osso.
Dunque, se la crudezza della carne risulta per stomaci forti, altrettanto forti devono essere le anime che si affacciano su questo film con lo scopo di comprenderne un significato più profondo di ciò che appare. Per conoscere appieno così la poesia che si cela in un cuore ancora pulsante.
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