Il classismo di Alain Elkann
Poco tempo fa, Alain Elkann (giornalista e scrittore italiano) ha pubblicato su la Repubblica un articolo in cui descriveva l’esperienza vissuta su un treno per Foggia da un uomo che, seduto vicino a un gruppo di ragazzi molto più giovani, si irrita a causa del loro modo di comportarsi. Il tentativo di Elkann era forse quello di descrivere uno spaesamento dovuto a un confronto generazionale e intellettuale, ma il risultato ottenuto non è che un gran cliché.
In breve, il protagonista del racconto è in viaggio su un treno Italo ed è infastidito dal comportamento di certi giovani passeggeri che non avranno più di 16 o 17 anni e che parlano a voce alta, talvolta utilizzando un linguaggio osceno. L’uomo descritto (forse Elkann stesso, forse un personaggio di finzione), seduto a fianco di un ragazzo pressoché silenzioso che ascolta musica, tira fuori da una cartella di cuoio diversi quotidiani – il Financial Times, il New York Times, Robinson – e una copia in lingua originale de La ricerca del tempo perduto di Proust. Ma malgrado l’interesse per la Recherche, l’uomo non può non notare l’abbigliamento sportivo dei giovani, evidentemente sottintendendo una critica. Dettagli che, pur essendo funzionali all’intento del giornalista di rappresentare una determinata condizione sociale, inseriti in un testo così elementare risultano ironici o ridicoli (tanto più che il secondo volume della Recherche citato da Elkann intitolato Sodoma e Gomorra sarebbe, in realtà, il quarto). Dettagli in cui molti hanno rilevato un atteggiamento classista. Ma il classismo che si evince non è di natura cattiva, è piuttosto un classismo ingenuo, giacché lo spaesamento provato dall’uomo nel vedere dei giovani tanto diversi da lui è così forte che al lettore non pare una giustificabile conseguenza di un divario generazionale, quanto una semplice assenza nel presente. E allora l’elevazione culturale e sociale tanto ostentata dall’uomo non eleva o migliora, bensì estrania dalla realtà chi se ne ritiene detentore.
Non sono stati pochi coloro che, dopo aver letto l’articolo, hanno avuto da ridire su quanto scritto da Elkann. Ma come per ogni cosa diventata inaspettatamente virale, anche l’articolo ha perso la notorietà ricevuta con il passare dei giorni e quasi tutti se ne sono dimenticati; ciononostante, è importante ricordarsi della sua esistenza in quanto rappresentazione perfetta di uno snobismo culturale che, in un tentativo fallimentare di creare un divario sociale, culturale e generazionale, non può fare altro se non evidenziare l’esigenza da parte di alcuni di rendere la cultura elitaria. Esigenza naturalmente sbagliata perché una civiltà, per definirsi tale, ha il dovere di educare i propri giovani, trasmettendo loro saperi e conoscenze.
Certo, oggettivamente i ragazzi incontrati sul treno dal protagonista dell’articolo sono da considerarsi dei maleducati, non solo per il tono alto di voce, ma anche e soprattutto per il linguaggio volgare da loro usato. I dialoghi riportati sono utili per capire che, forse, il testo non è tanto un articolo di cronaca, quanto un racconto inventato. Nessun adolescente, infatti, parlerebbe nel modo scritto da Elkann, fin troppo artificioso e finto. Insomma, cliché dopo cliché, stereotipo dopo stereotipo, l’articolo che ha fatto così tanto clamore alla fin fine sa di già visto, la situazione riportata risulta banale e minimizzata in poche righe e tuttavia arricchita con elementi forzati che rendono il tutto una mediocre parodia della nostra società.
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