CHALLENGERS (2024)
Due racchette, una pallina. Lo schiocco sordo che provoca l'ultima sulle prime due risuona tra gli spalti: prima da una parte, poi dall'altra. Attraversa il campo sfrecciando, senza cura. Di quale racchetta sarà l'incordatura su cui atterrerà in seguito? E lo sguardo degli spettatori si muove con lei: prima da una parte, poi dall'altra.
Due racchette, una pallina. Il tennis è un gioco che si fa in tre.
Le suole delle scarpe squittiscono strusciando sul pavimento, la mano libera dalla racchetta cerca appiglio per non cadere e gli occhi inseguono, ingordi, quel puntino giallo che vola da una metà all'altra del campo. Ogni tanto si incontrano, i due giocatori. Ogni tanto lasciano che i loro sguardi collidano, per un solo istante, e all'improvviso è tutto evidente. Il gioco non ha più alcun segreto quando si guardano e si scambiano, impercettibilmente, tutto ciò che appartiene loro.
"Tu pensi che il tennis sia esprimere te stesso, fare il tuo gioco, ma non sei un giocatore di tennis. Non sai cosa sia il tennis. Il tennis è una relazione. Per quei quindici secondi in cui abbiamo davvero giocato ci siamo capite completamente, e anche chi ci stava guardando. È stato come se fossimo innamorate, o come se non esistessimo."
È così che lo descrive Tashi Duncan, protagonista del film, ex campionessa di tennis, la quale ora ricopre il ruolo di coach del marito Art. Tashi riflette in lui quello sport che da sempre si nutre della sua devozione come un Dio, impossibilitata a praticarlo lei stessa, e i due passano le giornate tra allenamenti e minuziosi studi delle partite altrui, mentre nel tempo libero si occupano delle campagne pubblicitarie a cui prestano il volto e che ora tappezzano le città.
Art e Tashi parlano di tennis, sì, e di tennis soltanto. La loro relazione è questo, lo schema di una partita da vincere a tutti i costi, set dopo set, e quando dopo una sconfitta Tashi iscrive il marito ad un torneo challenger ATP, il terzo elemento della loro squadra perfetta torna prepotente nelle loro vite.
Sì, perché la relazione tra Tashi e Art non è sempre stata un semplice ballo di coppia, bensì un "ménage à trois" - nel senso più letterale possibile - di cui fa parte anche Patrick, campione di tennis decaduto e costretto ora a vivere nella sua auto, nonché ex compagno di gioco di Art.
Tra coinvolgenti musiche da rave party, tra flashback e flashforward in una disordinata linea temporale, Patrick, Tashi e Art si rincorrono come sul campo da gioco, si stringono e si lasciano come muscoli in allenamento, si scivolano addosso l'un l'altro come il sudore sulle tempie. È una danza che sfiora l'erotismo, resa da primi piani del corpo prettamente maschile di cui il regista evidenzia il vigore dato dallo sport.
Tashi gioca con Art e Patrick e rimbalza dall'uno all'altro proprio come fa la pallina. Li unisce, poi li separa. Li fa sentire indispensabili e potenti, meritevoli della sua attenzione, e poi li abbandona stremati in favore dell'altro. Per Tashi il tennis è una relazione, sì, ma anche le relazioni devono essere tennis, che sia in campo o in camera da letto. Dove Patrick arriva con il corpo, Art arriva con la strategia. Quando l'orgoglio del primo lo porta a scappare, la devozione del secondo prende il suo posto. E Tashi adora manovrare la giostra del loro interesse, prendere le redini dell'ossessione che hanno l'uno per l'altro, tutti e tre, e se ne tira fuori sul più bello.
Luca Guadagnino, regista noto per titoli quali Chiamami Col Tuo Nome e Bones and All, traduce la seduzione e la gelosia con tecniche alternative: lo spettatore diventa dapprima giocatore, con un discutibile punto di vista in prima persona - come nei videogiochi -, in seguito pallina - con una ripresa che rimbalza sulle racchette e vola sopra la rete - e poi campo da tennis - attraverso una fotografia ribassata, che ci porta a diventare ombre sotto le linee bianche che lo delimitano.
Siamo attratti, in quanto pubblico e spettatori, dalla loro attrazione, incantati dal loro gioco, ipnotizzati dal modo in cui si fondano come tre entità distinte che diventano una. La sensualità di tre corpi tradotta in simboli - una racchetta, un churro condiviso, uno sgabello tirato più vicino -, e la rete al centro svanisce portando i due sfidanti a non avere barriere divisive.
"Quello tra Tashi, Art e Patrick è un complicato, frantumato rapporto paritario", così lo definisce Guadagnino. Un rapporto fatto di punti sgualciti da rimettere in sesto, dove uno fa il filo, uno fa l'ago, e uno cuce i due insieme mettendocisi in mezzo.
In un groviglio di affanno e malizia, il tennis diventa metafora del gioco della seduzione, in cui la rivelazione nuda della propria personalità prende il sopravvento sulla maschera del pudore, lasciando spazio alla schietta fragilità del sentimento, della carnalità e dell'ossessione.
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