LA CHIMERA (2023)
Sul fondo di uno scavo buio, là dove la luce del giorno non è altro che il vago ricordo di un passato lontano, vivono le anime dei morti. Sono le tombe, luoghi proibiti a coloro che assaporano ancora un'esistenza attiva, fatta di albe, tramonti e giornate intere. Sono le case dei defunti, dei reclusi, degli emarginati.
Come può un archeologo inglese, la cui pelle ancora assapora il ricordo del carcere, precludersi a questa realtà? Egli che è consapevole di tutto ciò che giace sotto i suoi piedi; egli, il cui presente è tormentato dal ricordo estenuante di una donna amata e perduta, rinchiuso in un mondo fatto di un'arte la cui spocchia risiede nel credere di essersi fatta da sé, e di essere sciolta da ogni radice.
È questo il destino da cui Arthur è consunto: quello di dover vivere in un presente che non appartiene più all'arte etrusca, alle statue dimenticate nei sepolcri che sono invece ciò che costituisce non solo il suo interesse, ma la sua cultura e la sua professione.
Siamo negli anni '80, vicino a Riparbella, in Toscana, quando Arthur si unisce di nuovo al gruppo di tombaroli con i quali operava prima di finire in carcere. Con loro mette abusivamente in pratica il suo talento naturale di scovare tombe etrusche ricche di tesori dimenticati, per poi rivenderli in modo illecito.
Ma ad Arthur, diversamente da quanto non sia per gli altri "predatori di tombe" con cui lavora, del guadagno pecuniario delle sue ricerche interessa relativamente. Ciò che lo perseguita notte e giorno è l'arte per la quale opera, che diventa un datore di cui è egli dipendente. Insieme al il ricordo assillante di Beniamina, la sua amata perduta, la sua amata ora sepolta laggiù dove sta ciò che gli occhi non possono lecitamente guardare, ma solo rubare, spiare di soppiatto, Arthur viene cullato in una realtà a rallentatore, fatta di inquadrature ruotate, situazioni di crudo realismo e minuzia scenografica tipica della sua autrice.
Il film, firmato dalla penna Alice Rohrwacher e che a tratti ricorda lo stile de L'Amica Geniale, percorre un sentiero in punta di piedi nel passato, esplorando il tema del lutto con una cura e una delicatezza che porta lo spettatore all'inevitabile commozione e conduce chi osserva a seguire, come fosse il filo rosso di Arianna, il percorso di Arthur verso la vita ma attraverso la morte e attraverso il ricordo delle cose passate.
Accolto positivamente dalla critica e dal pubblico, dopo aver concorso per la Palma d'Oro al Festival di Cannes, La Chimera è ora in gara per i David di Donatello dove ha ottenuto ben tredici candidature.
Questo film, che sa tanto di un abbraccio al cuore quanto di una confessione sussurrata all'orecchio, da custodire con la gelosia di chi conosce il segreto più grande del mondo, è quindi una rassicurazione a chi è perduto nei meandri delle epoche passate, a chi sente di appartenere a un mondo decaduto e a chi ama ineffabilmente qualcosa di scomparso e invisibile agli occhi.
"Là sotto ci sono cose che non sono fatte per gli occhi degli uomini, ma delle anime."
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