Riflessioni sull'attualità


Negli ultimi mesi, non sono stati pochi gli intellettuali e i giornalisti che, espresso il loro punto di vista critico su fatti di cronaca o sulle politiche del governo, sono stati talvolta silenziati, talaltra querelati. Basti pensare al recentissimo caso che ha visto come protagonista Antonio Scurati – docente universitario, autore di saggi e giornalista –, il quale, scritto un monologo in occasione della giornata della liberazione che avrebbe dovuto proporre in una trasmissione della RAI, non ha avuto la possibilità di leggerlo in quanto i dirigenti della televisione pubblica gliel’hanno impedito. Il testo iniziava con un riferimento all’assassinio Matteotti e finiva con una critica alla Presidente del Consiglio, che non è mai stata in grado di definirsi antifascista. Secondo Scurati, fino a quando le persone al governo non riusciranno a dichiararsi apertamente contro l’ideologia mussoliniana, potrà sempre esserci un possibile ritorno del regime. Il monologo di Scurati è stato comunque letto in seguito da Serena Bortone, conduttrice del programma per cui il testo era stato scritto, la quale a causa della sua “disobbedienza” ha visto avviare contro di sé un procedimento disciplinare. 

Il tentativo di sopprimere un pensiero diverso si è palesato anche quando in questi ultimi tempi le manifestazioni di giovani studenti in favore della Palestina sono state represse dalla Polizia che non ha esitato a usare i manganelli contro i manifestanti. A questo proposito si è espressa la scrittrice italiana Nadia Terranova, in particolare  riguardo agli scontri dello scorso 23 febbraio avvenuti a Pisa, utilizzando un’efficace metafora con cui paragona la Polizia a uno sparviero che, per il solo diritto di poterlo fare, ha usato la violenza contro un usignolo, ovvero i giovani. Anche in questo caso il monologo non è stato letto in televisione, ma è stato in ogni caso pubblicato su il manifesto.

Dunque, ci deve forse essere timore per la libertà di pensiero e di critica? Evidentemente sì, come ha di recente affermato Luigi Canfora, storico e saggista italiano, il quale è stato querelato per essersi apertamente espresso contro Giorgia Meloni. Canfora ha infatti definito nel 2022 l’allora parlamentare Meloni come una “neonazista nell’animo”, e in interviste più recenti ha ribadito la sua idea: secondo il professore, la Presidente del Consiglio è, se pure in minima parte, antidemocratica, nel medesimo modo in cui Canfora stesso si definisce, nel fondo del proprio animo, stalinista. 

É molto probabile che vedremo altri casi simili a quelli citati, ma è necessario ricordare, ogni qualvolta si ripresenteranno, che la nostra Costituzione garantisce il diritto di esprimere il proprio pensiero e condanna la censura. Se fascismo vuol dire anche omologare il pensiero di cittadini liberi e renderlo conforme a quello dominante, allora l’uso di questa parola non va temuto, perché dare un nome al problema è il primo passo per affrontarlo, e inoltre, contrariamente a quanto numerosi politici ammettono, non è vero che il fascismo sia stato una parentesi della storia italiana, un periodo dittatoriale che non potrà più tornare. Per la prima volta nella storia, infatti, una deriva fascista può nascere dall’interno stesso di una democrazia per colpa dei mezzi di controllo, come sta già accadendo. Il problema è che molti di noi non se ne accorgono, o non vogliono accorgersene. 

Se i nostri politici faticano a definirsi antifascisti, se i capi del governo censurano idee dell’opposizione e denunciano chi va contro di loro, allora il ritorno del fascismo in Italia non è più un’eventualità, ma una possibilità.

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