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Visualizzazione dei post da gennaio, 2016

Quel capitolo in più

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Forse va aggiunto un capitolo in più alla cronaca, tetro come chi l’ha scritto e, se venisse confermato, non sarebbe di certo piacevole da leggere. Quella che stiamo per aprire è una parentesi, fatta di tante prove e di nessuna conferma (almeno non da parte di chi ne ha la responsabilità); un capitolo che, seppur anonimo, merita di essere preso in considerazione e forse aggiunto alla cronaca. Partiamo dall’inizio: è il 17 gennaio 1991, è sera, il sole è appena calato, siamo nel deserto d’Arabia; da lì sono appena partiti i convogli militari di trentacinque paesi che, unitisi sotto una Coalizione, hanno dichiarato guerra all’Iraq; da lì è partita Desert Storm, la più imponente azione militare alleata dal 1945. Casus belli: invasione irachena del Kuwait, una piccola porzione di territorio affacciata sul Golfo Persico, incastrata fra tre potenze (Iran, Iraq ed Arabia Saudita), ricchissima di petrolio e dannatamente strategica. “Dannata”; si, poiché per il suo dominio sono morte centina

L'Open Day di un primino

Difficile da descriversi le difficoltà e la pazienza (soprattutto) che un liceale deve sopportare durante un "Open Day" per i ragazzi che vedono nei nostri volti soltanto la speranza che scelgano un indirizzo classico, scientifico o linguistico.. Proprio per questo al mio primo "Open Day" da staff (e non da visitatore) ho avuto una mattinata che mi è sembrata durare un'eternità. L'inizio è stato interminabile, giacchè i ragazzi delle medie venuti in visita sono rimasti in Aula Magna più del dovuto e se non la provi, non puoi neanche lontanamente immaginare la tensione e la pazienza che si creano ad aspettare un gruppo di ragazzini con i genitori con l'emozione che tende a far tremare le gambe. Subito dopo sono iniziati ad arrivare i gruppi: orde di ragazzi accompagnati, mai soddisfatti, ma con la voglia di vedere tutto. Io ero nel gruppo del laboratorio di chimica. Lì i ragazzi dovevano assistere ad alcuni esperimenti che si svolgono nel biennio e nel tr

Ritorniamo a viaggiare.

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Ho sempre sognato di partire, prendere un biglietto per il treno, uno zaino pieno di sogni, qualche calzino, un sacco a pelo e il gruppo inseparabile di amici. La voglia di viaggiare non mi è mai mancata. Probabilmente perché, fin da piccolo, mio padre mi ha sempre raccontato i suoi leggendari viaggi in giro per l’Europa. Mi ha raccontato di quando ha dormito in una tendopoli a Londra con un coltello sotto il cuscino, per la paura. Mi ha raccontato di quando gli hanno rubato tutti i soldi che aveva, ad Atene. Mi ha raccontato di quando, per la prima volta, ha fatto il bagno nelle acque gelide della Normandia e mi ha raccontato che, in vacanze come quelle, di letti e di pasti veri se ne vedevano veramente pochi: “troppo comodi e troppo facili per veri viaggiatori” ha sempre detto lui (troppo costosi, mi sono sempre detto io). Erano viaggi degli anni ’80, avventure in giro per il mondo fatte con colonne sonore scritte dai Queen, Vasco Rossi, Lucio Dalla e De Gregori e con me

Ruqia Hassan: il giornalismo ai tempi dell'ISIS

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“Quando l’IS mi arresterà e ucciderà andrà bene, perché loro mi taglieranno la testa e io ho la mia dignità: meglio che vivere nell’ umiliazione con l’IS.” Queste sono le parole di uno degli ultimi tweet di Ruqia Hassan, giovane giornalista freelance di origini curde uccisa da miliziani del sedicente Stato Islamico. La notizia della morte dell’unica reporter donna di Raqqa, avvenuta con ogni probabilità a fine settembre, è nota solo da pochi giorni. La decapitazione di Ruqia Hassan è stata giustificata con l’accusa di spionaggio, che appare come l’evidente pretesto per l’eliminazione di un personaggio scomodo: Ruqia era donna, giornalista e oppositrice del Califfato. Da mesi scriveva con coraggio delle violenze quotidiane dell’ISIS e aveva ironizzato sui social riguardo alla decisione dei jihadisti di regolare l’accesso agli Internet cafè e di tagliare gli hot spot Wi-Fi. Dai suoi tweet appare chiaro che la giornalista sapeva di correre un grandissimo rischio e che avrebbe pag

Non parlare come mangi, saresti noioso.

Eccoci (purtroppo o per fortuna) alla fine del periodo natalizio. Tempo di bilanci, di fioretti, di riflessioni ma soprattutto... di dieta . Già, può sembrare un paradosso tenendo conto che molte persone del pianeta ancora muoiono di fame, ma con la conclusione di questo periodo di bagordi capita un po' a tutti di salire sulla bilancia e spalancare la bocca in un grido di terrore. Tuttavia, fermandoci un secondo a pensare, che poi è semplicemente ciò che ci rende esseri umani, una domanda sorge spontanea. Perché mangiare così tanto? Dopotutto oggi, nei paesi occidentali, non si soffre la fame. Abbiamo in tavola alimenti a sufficienza per nutrirci ogni giorno, quasi sempre già con un enorme surplus non necessario. Non abbiamo bisogno di nulla in più di ciò di cui già disponiamo normalmente . Eppure ogni anno trascorriamo ore ed ore a cenoni, pranzoni, merendoni e via discorrendo, tanto è vero che persino i mezzi di pseudo-informazione spendono fiumi di parole a spiegare

Che cosa ti auguri quest'anno?

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I primi giorni dell'anno, lo sappiamo, sono dedicati alla ricerca dei buoni propositi, piccoli o grandi che siano: ci si impegna a trovare nuove sfide, a cercare di migliorarsi. ''Quest'anno devo assolutamente dimagrire!''                          ''Quest'anno, lo prometto, mi impegno a scuola!''    ''Ma adesso basta, vinco la timidezza!''                                                                                                               ''Entro marzo mi dichiaro!'' ''Quest'anno non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno!''                              ''Si cambia musica: mi impegno, mi metto in gioco, trovo un nuovo lavoro!'' Che cosa vi augurate quest'anno? Personalmente, di avere coraggio. Una vagonata di coraggio per questo 2016, quando abbiamo paura di tutto, quando addirittura la nostra pace e la nostra libertà che sembravano